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Prezzi mercato

Carne: prezzi alle stelle, ma la qualità sorprende

Un'analisi del settore tra rincari, filiere complesse e nuove abitudini di consumo

Carne: prezzi alle stelle, ma la qualità sorprende

Negli ultimi anni, il prezzo della carne bovina e suina ha subito un aumento notevole. Secondo il report AgriMercati di Ismea (novembre 2024), le carni da bovino adulto hanno registrato un +16%. La produzione di carne suina in Europa, invece, è in ripresa dopo due anni di contrazione dovuta a una minore domanda cinese. Sorprendentemente, però, il prezzo non sempre è indice di qualità. "Abbiamo riscontrato che la carne con il secondo prezzo più basso è prima in classifica per qualità. In media, le carni meno costose mostrano un livello qualitativo superiore rispetto a quelle più care", afferma Gian Paolo Braceschi, CEO di Good Senses, società specializzata in analisi sensoriali.

La qualità della carne è un concetto multifattoriale, dipendente da allevamento, alimentazione e movimento dell’animale, oltre che da fattori legati a taglio, conservazione e cottura. L'analisi sensoriale valuta colore e tessuto, olfatto (prima e dopo la cottura) e sapore (succosità, gusto e consistenza). Il consumo pro capite in Italia è rimasto stabile negli ultimi cinque anni, attestandosi tra i 78-80 chili annui, di cui 18-20 chili di carne bovina. "Nel nostro stabilimento lavoriamo carne bovina e suina, ma non avicola per normative sanitarie", spiega Giuseppe Rocchi, direttore commerciale di Tonnies Fleisch Italia.

La carne "da prezzo" è praticamente scomparsa. Il costo della materia prima è aumentato a causa di fattori geopolitici come le guerre in Medio Oriente, la crescente domanda globale e l'apertura di nuovi mercati, come Algeria e Marocco. "Prevediamo di superare i 120 milioni di fatturato nel 2025, con un forte aumento rispetto al 2024 (89,24 milioni) e al 2023 (63,77 milioni), dove la nostra quota export pesa circa il 19%", afferma Rocchi, prevedendo un ulteriore +10-15% nei prossimi quattro mesi dopo un aumento del 20-25% sulla materia prima da agosto. L'azienda serve la Grande Distribuzione Organizzata (GDO), l'industria di trasformazione, Horeca e il normal trade, come macellerie e piccoli grossisti.

Mentre nel settore avicolo esistono brand consolidati come Aia e Amadori, nel bovino l'unico marchio ampiamente noto è Simmenthal. L'Italia è rinomata per l'allevamento e l'ingrassamento dei capi, ma non riesce a coprire il fabbisogno interno, rendendo necessaria l'importazione di bestiame vivo, soprattutto bovino adulto. Una dinamica particolare è che il 70% della carne lavorata viene riesportata, mentre gli hamburger spesso arrivano direttamente da Spagna e Francia, generando un doppio passaggio in Italia.

La movimentazione degli animali attraverso l'Europa è un fenomeno diffuso. "Gli animali spesso nascono all’estero, vengono ingrassati in Italia e poi macellati e porzionati fuori, con un aumento dei costi a ogni passaggio", spiega Rocchi. Tonnies Fleisch Italia ha guadagnato quote di mercato evitando l'esportazione di mezzene: "Compriamo i capi interi, li trasformiamo e confezioniamo direttamente per il mercato finale, eliminando passaggi inutili, anche doganali".

Questa mobilità è dettata dalla domanda specifica dei mercati. Tagli come la bavetta o il flank steak, oggi richiesti in Italia dalle steak house, erano fino a poco tempo fa destinati alla Francia. La lombata scottona croata è venduta prevalentemente a Milano e Firenze, mentre la "vacca", un tempo carne a basso prezzo, ha visto un riallineamento con il vitellone, soprattutto nella versione disossata.

Le abitudini di consumo stanno cambiando. "La fettina di carne che mangiavamo da bambini è quasi scomparsa per ragioni di praticità. Nei ristoranti si scelgono tagli pregiati, mentre a casa si prediligono soluzioni veloci come hamburger, spesso ricchi di additivi". Un altro fattore di squilibrio nei prezzi è il costo elevato del latte in Italia, tra i più alti d'Europa, che porta a macellare gli animali più avanti con l'età, riducendo la produzione di latte.

Giulia Cireddu, ESG & Marketing Manager del Gruppo Chiola (fatturato di circa 500 milioni di euro, di cui 95% dal mercato B2B italiano), sottolinea l'evoluzione del settore. Se la carne rossa ha subito una lieve contrazione, la domanda di prodotti certificati e di alta qualità è cresciuta. La carne suina, invece, mantiene una domanda stabile grazie alla sua versatilità e al legame con la tradizione gastronomica. I prezzi sono influenzati da costi di produzione (mangimi, energia, logistica) e fluttuazioni di domanda e offerta. Eventi globali hanno inciso, ma il settore si è adattato.

La crescente attenzione verso la sostenibilità e la tracciabilità spinge le aziende a investire in certificazioni e benessere animale. La mancanza di uno standard unico per la filiera, tuttavia, crea incertezze, rendendo necessaria una semplificazione del sistema certificativo. Nonostante le sfide, il settore continua a evolversi e la domanda di prodotti certificati e sostenibili rappresenta un'opportunità di crescita.

"Negli ultimi anni, il consumo di carne suina ha registrato un leggero calo, principalmente a causa dell’aumento dei prezzi degli animali, che ha influito anche sul costo della carne", dichiara Marco Annoni, Sales & Marketing Director di Annoni (fatturato di 250 milioni di euro per Annoni Spa e 30 milioni per Ugo Annoni). Nel biennio 2023-2024, si è registrata una significativa carenza di suini vivi, con aumenti dei prezzi superiori al 30%, che, sommati ai costi di produzione, hanno portato alcuni tagli a prezzi da record, come il prosciutto fresco di Parma nel 2024, con un conseguente calo della produzione. Annoni prevede, però, un effetto positivo sulle vendite nel 2025, con una ripresa della domanda.

Nonostante una quota export bassa (circa il 5%), il gruppo ha una forte presenza nazionale. Con consumatori più attenti, Annoni ha intensificato gli investimenti in tracciabilità e filiere certificate, garantendo la provenienza della carne e il benessere animale, orientando gli acquisti verso allevatori che investono in questo campo. Molte aziende operano con disciplinari rigorosi per carni DOP e IGP, garantendo elevati standard. Sebbene i prezzi siano stati alti, negli ultimi mesi si è verificata una stabilizzazione, con un'aspettativa positiva per il 2025-26 e una ripresa dei consumi.

La Cooperativa Produttori Arborea è una realtà in crescita, con un fatturato di circa 90 milioni di euro, di cui 20 dal settore carne. Marco Peterle, amministratore della cooperativa, sottolinea come sia una delle poche in Italia certificata con un marchio territoriale e di qualità. Gli altri ricavi derivano da settori come il mangimificio e l'ortofrutta, a dimostrazione di una filiera integrata necessaria in un mercato ovino non vastissimo.

A livello mondiale, il consumo di carne ovina è in aumento, ma in Italia si osserva una controtendenza, in parte dovuta a disinformazione. Tuttavia, l'interesse per prodotti di qualità, tracciabili e sostenibili ha mantenuto stabile la domanda. I consumatori sono sempre più consapevoli dei benefici di una carne che fa parte di una dieta equilibrata, come quella mediterranea, e apprezzano la scelta di prodotti da allevamenti che puntano su sostenibilità e qualità, come quelli della Cooperativa Arborea.

La cooperativa adotta un approccio che unisce tradizione, salute, benessere animale e sostenibilità. Gli animali nascono e sono allevati in Sardegna, garantendo una carne di alta qualità prodotta nel rispetto dell'ambiente e degli animali. La collaborazione con i partner locali è fondamentale per sviluppare una filiera virtuosa, rispondendo alle esigenze del mercato e alle aspettative di trasparenza e fiducia da parte dei consumatori. La cooperativa punta sulla sinergia tra impresa e ricerca, innovando continuamente e valorizzando le risorse locali, mettendo al centro il benessere animale, convinta che migliori la qualità della carne e la fiducia dei consumatori.

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