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Il caso

Privacy e sicurezza sotto attacco: Iran e USA disinstallano WhatsApp dai dispositivi ufficiali

Tra le cause la mancanza di trasparenza nella protezione dei dati e l'assenza di criticazione per i dati archiviati

Privacy e sicurezza sotto attacco: Iran e USA disinstallano WhatsApp dai dispositivi ufficiali

Negli ultimi giorni, la televisione di Stato iraniana ha lanciato un appello accorato ai cittadini: disinstallare WhatsApp. Il governo di Teheran accusa l’app di messaggistica di raccogliere informazioni sugli utenti per poi inviarle a Israele. Non si tratta di una novità, dato che l’Iran ha già bloccato più volte piattaforme social e app di messaggistica. Nel 2022, ad esempio, WhatsApp e Instagram furono aggiunti alla lista delle app proibite dopo le proteste seguite alla morte di Mahsa Amini. Ma mentre in Iran la misura è stata adottata, qualcosa di simile sta accadendo dall'altra parte del mondo.

Secondo quanto riportato da Axios, il Chief Administrative Officer della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti ha imposto formalmente il divieto di utilizzo di WhatsApp sui dispositivi governativi. In una comunicazione interna, i dipendenti sono stati informati che l'app deve essere disinstallata sia su mobile che su desktop. La motivazione? WhatsApp rappresenta un rischio per la sicurezza degli utenti, a causa della mancanza di trasparenza nella protezione dei dati, l'assenza di criticazione per i dati archiviati e possibili vulnerabilità di sicurezza. L'ufficio ha consigliato di utilizzare altre app, come Microsoft Teams, Wickr di Amazon, Signal, iMessage di Apple e Facetime.

WhatsApp, con oltre 3 miliardi di utenti in tutto il mondo, è stata acquistata da Meta nel 2014 e da allora è stata promossa come uno dei servizi di messaggistica più sicuri. L’app garantisce la crittografia end-to-end (E2E), un sistema che impedisce a chiunque al di fuori della conversazione di leggere, ascoltare o condividere i messaggi. "Nessuno, nemmeno WhatsApp, può accedere ai contenuti", spiegano i responsabili dell’app. Tuttavia, la crittografia protegge solo il contenuto dei messaggi, mentre i metadati, come i contatti e le informazioni sul dispositivo, continuano a essere raccolti da Meta e potrebbero essere condivisi con le autorità, su richiesta.

Meta ha respinto le accuse del governo iraniano, definendo le dichiarazioni come fake news e un tentativo di bloccare i suoi servizi in un periodo in cui sono più necessari che mai. “Non tracciamo la posizione esatta degli utenti, non registriamo i messaggi ricevuti e non monitoriamo le conversazioni”, ha dichiarato un portavoce di Meta a Gizmodo. “Non forniamo informazioni in blocco ad alcun governo”.

Tuttavia, la questione della privacy digitale resta un tema caldo. Meta è stata accusata da diverse organizzazioni per i diritti umani, come Human Rights Watch, di aver limitato i contenuti a favore della causa palestinese su Instagram e Facebook. Inoltre, sui social sono stati sponsorizzati contenuti di propaganda contro Hamas e l'Iran da parte del governo israeliano.

Al momento, non ci sono prove concrete che i governi abbiano avuto accesso ai dati criptati degli utenti. Tuttavia, la crescente diffidenza nei confronti della privacy digitale, che ora accomuna anche Stati Uniti e Iran, solleva interrogativi cruciali sul futuro della sicurezza online e su quanto possiamo davvero fidarci dei giganti tecnologici.

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