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Mondo del lavoro
27 Giugno 2025 - 12:15
Repertorio
Il mondo del lavoro italiano fa ancora fatica ad affrontare in modo concreto il tema della diversità. Secondo la ricerca Oltre le diversità condotta da Tack Tmi Italy (gruppo Gi), il 90% dei lavoratori segnala episodi discriminatori basati su etnia, genere, orientamento sessuale, disabilità o età. E il 28% dichiara di averne fatto direttamente esperienza.
Ma il dato più allarmante riguarda la risposta delle imprese: solo il 37% dei dipendenti afferma che nella propria azienda esistono strumenti concreti per affrontare queste tensioni. La maggioranza, invece, denuncia uno scollamento tra le dichiarazioni ufficiali e le azioni effettive. Il 64% si dice convinto che molti programmi di inclusione siano soltanto di facciata.
I principali ambiti di discriminazione segnalati sono l’etnia (62%), l’orientamento sessuale (49%) e la disabilità (48%). Nelle aree del Nord-Est e nel settore manifatturiero, il pregiudizio verso i lavoratori stranieri appare particolarmente marcato. Quando si guarda però ai racconti diretti di chi ha subito discriminazioni, emergono il genere e l’età come cause più frequenti, specialmente tra le donne e gli under 35.
Secondo Irene Vecchione, amministratrice di Tack Tmi Italy, è necessario un cambio di paradigma: “Inclusione ed equità non sono più un plus, ma un dovere organizzativo e culturale. Bisogna superare "l’effetto alone", che ci porta a giudicare una persona da un solo tratto”.
Solo il 21% degli intervistati ha partecipato a iniziative di sensibilizzazione. I lavoratori chiedono formazione soprattutto sull’empatia, considerata la competenza più utile per comprendere e gestire la diversità.
Le aziende più piccole risultano ancora indietro: appena il 30% ha strumenti dedicati, contro il 47% delle grandi imprese. Ma il cambiamento, secondo Vecchione, deve partire dalla cultura aziendale per trasformare davvero la diversità in una risorsa.
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