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Economia

Nike chiude l'anno fiscale 2025 in flessione, ma la Borsa premia le prospettive di rilancio

Ricavi in calo del 10% e utile netto giù dell'86% nel Q4, ma l'azienda di Beaverton punta sull'ottimizzazione della produzione e sulla riduzione della dipendenza dalla Cina

Nike chiude l'anno fiscale 2025 in flessione, ma la Borsa premia le prospettive di rilancio

Nike ha chiuso l'anno fiscale 2025, terminato il 31 maggio, con risultati in calo, ma le prospettive di rilancio e la reazione positiva della borsa sembrano indicare un cauto ottimismo. I ricavi complessivi si sono attestati a 46,3 miliardi di dollari, registrando una diminuzione del 10% a cambi correnti (-9% a cambi costanti). Anche il quarto trimestre ha mostrato un calo, con ricavi pari a 11,1 miliardi di dollari (-12% a cambi correnti e -11% a cambi costanti). Sul fronte della redditività, l'utile netto ha subito un crollo dell'86% negli ultimi tre mesi e del 44% nell'intero anno fiscale, scendendo a 3,2 miliardi di dollari.

Elliott Hill, presidente e CEO di Nike (in carica dallo scorso settembre), ha commentato che i risultati sono "in linea con le aspettative", pur non riflettendo gli obiettivi del colosso di Beaverton. "Andando avanti", ha dichiarato Hill, "ci aspettiamo che la nostra attività migliori grazie ai progressi che stiamo facendo attraverso le azioni Win Now (il piano di 'rilancio', ndr). Entrando in un nuovo anno fiscale, stiamo voltando pagina e il prossimo passo è allineare i nostri team e dare un ruolo centrale allo sport attraverso quello che chiamiamo 'l'attacco sportivo'. Questo ci condurrà a una futura crescita."

Un elemento che alimenta un cauto ottimismo sono i risultati del quarto trimestre, che, seppur in calo, si sono chiusi al di sopra delle aspettative di mercato: il calo previsto era del 14,9%, a 10,72 miliardi di dollari, contro il -12% effettivo. Anche i primi mesi dell'anno corrente dovrebbero permettere un sospiro di sollievo: Nike prevede che i ricavi del primo trimestre caleranno di un "mid-single digit", leggermente meglio rispetto alle aspettative degli analisti di un calo del 7,3%, secondo i dati raccolti da LSEG.

"Il quarto trimestre ha riflesso il più grande impatto finanziario delle nostre azioni Win Now, e ci aspettiamo che le difficoltà si modifichino da qui in avanti", ha sottolineato Matthew Friend, vicepresidente esecutivo e CFO del gruppo. "Sono fiducioso nella nostra capacità di navigare in questo attuale ambiente dinamico e incerto concentrandoci su ciò che possiamo controllare ed eseguendo le nostre azioni Win Now."

L'ago della bilancia per le future performance di Nike potrebbe essere rappresentato dal mercato cinese, da cui l'azienda è storicamente dipendente per la produzione destinata al mercato statunitense. A causa dei dazi imposti dal presidente americano, Nike ha dichiarato il suo impegno a ridurre questa dipendenza, mitigando così l'impatto delle tariffe sulle importazioni statunitensi. Secondo Reuters, le tariffe sulle importazioni dai principali partner commerciali potrebbero presto gravare su Nike per un miliardo di dollari di costi aggiuntivi, considerando che la Cina rappresenta circa il 16% delle scarpe che l'azienda importa negli USA.

L'obiettivo dichiarato è ridurre questa percentuale "a una cifra" entro la fine di maggio 2026, ridistribuendo la produzione cinese in altri Paesi. "Ottimizzeremo il nostro mix di approvvigionamento e distribuiremo la produzione in modo diverso tra i Paesi per mitigare il nuovo ostacolo ai costi negli Stati Uniti", ha dichiarato Friend durante una call con gli investitori.

La notizia è stata accolta con favore dalla Borsa, dove le azioni del gruppo sono salite dell'11% nel trading after-hours. Per quanto riguarda i canali di vendita, le vendite dirette per il quarto trimestre sono state pari a 4,4 miliardi di dollari, in calo del 14%, mentre i ricavi wholesale (all'ingrosso) sono stati di 6,4 miliardi di dollari, in calo del 9%. Analizzando i mercati, tutte le aree geografiche hanno registrato cali a doppia cifra nell'intero anno fiscale. A pesare principalmente è la Cina (-31%), seguita da EMEA (-24%), Nord America (-19%) e Asia Pacific & Latin America (-19%).

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