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01 Luglio 2025 - 21:20
Dalle Alpi alle Colline Metallifere, passando per la Sila e la Sardegna: il governo Meloni ha dato ufficialmente il via alla nuova corsa all’oro — o meglio, a litio, rame, terre rare, grafite, fluorite e compagnia. Con l’approvazione del Programma nazionale di esplorazione mineraria, l’esecutivo muove il primo passo concreto verso la possibile apertura di fino a cento miniere sul territorio italiano.
È un progetto ambizioso, cucito dagli esperti dell’Ispra e approvato nelle scorse ore dal Cite, il Comitato interministeriale per la transizione ecologica, a cui siedono anche la presidente del Consiglio, il ministro dell’Ambiente, quello delle Imprese e quello dell’Economia. Il budget iniziale: 3,5 milioni di euro. Il tempo previsto: un anno per capire se il sottosuolo italiano può diventare strategico.
Il piano affonda le radici nel decreto “Materie critiche” varato oltre un anno fa, e si inserisce nel disegno europeo di ridurre la dipendenza da forniture estere, in primis dalla Cina. Le materie prime critiche — fondamentali per tecnologie digitali, difesa, energia e medicina — sono la nuova frontiera della geopolitica. E l’Italia, secondo il ministro Pichetto Fratin, vuole giocare la sua parte: "Un ritorno strategico alla valorizzazione delle nostre risorse, in chiave moderna e sostenibile".
Per il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, si tratta di un passaggio "fondamentale per rilanciare il settore minerario e contribuire alla sovranità industriale ed energetica del Paese".
Le 14 zone coinvolte
La mappa delle aree selezionate è vasta: coinvolte oltre metà delle Regioni italiane, dalla Lombardia alla Calabria. A Nord, si cercano fluorite e barite (Lombardia, Trentino-Alto Adige), grafite e litio (Piemonte, Liguria). A Est, l’occhio è puntato sull’Emilia-Romagna. A Centro Italia, si battono Toscana, Marche e Lazio, dove le Colline Metallifere potrebbero nascondere antimonio e magnesio.
Il Sud non resta indietro: in Campania e Calabria si cercano litio, feldspati, grafite. E poi c’è la Sardegna, storicamente terra di miniere, dove si esploreranno aree magmatiche e centrali, come Funtana Raminosa, alla ricerca di rame e terre rare.
Il programma lo chiarisce: niente ruspe né trivelle invasive. Per il momento si procederà solo con rilievi geologici, sensori e immagini del terreno. Gli eventuali sondaggi esplorativi veri e propri, quelli che prevedono estrazioni, verranno solo in una fase successiva e saranno soggetti a valutazione ambientale.
Parallelamente, il Pnrr finanzierà anche la mappatura dei depositi abbandonati, per individuare i rifiuti lasciati da precedenti attività estrattive.
Per ora il governo spinge sull’acceleratore, con l’obiettivo di diventare meno dipendente da altri Paesi e più padrona del proprio sottosuolo.
La partita, però, si gioca anche — e forse soprattutto — sopra la superficie.
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