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IL CASO

Via Nizza, la gelosia, il rogo e la morte «Mio figlio ucciso per un’ossessione»

I due rivali si conoscevano: la donna contesa afferma di essere disperata «Ho perso tutto»

Via Nizza, la gelosia, il rogo e la morte «Mio figlio ucciso per un’ossessione»

I due rivali in amore, Giovanni Zippo e Salvatore, il compagno di Madalina, si conoscevano. Avevano litigato 3 anni prima, per la donna. Tanto che la guardia giurata aveva accompagnato la donna alla stazione, la mattina in cui è partita per andare a trovare il suo compagno all’Elba. C’è di più. La sera prima erano stati a ballare, insieme, Giovanni e Madalina. A una settimana dal crollo lei dice di essere disperata, di aver perso tutto. Intanto si svelano altarini e un altro dettaglio. Macabro. La mattina del crollo Madalina scriveva alla guardia giurata, chiedendo se ne sapesse qualcosa. Lui rispondeva di non ricordare. Ricorderà per sempre, invece, Marzia, la mamma di Jacopo Peretti. «Il dolore che provo è troppo grande, non si può spiegare». Jacopo aveva 33 anni. Originario di Mazzè, piccolo centro in provincia di Torino, ma in città era venuto per studiare Amministrazione, Finanza e Controllo. Si era laureato. Aveva fondato una società di consulenza nel settore energetico, Jphonia. Lavorava anche in palestra. Sudore, studio, idee: era il genere di ragazzo che costruisce. Invece è stato distrutto.

Dal gesto insensato di un altro uomo. Jacopo Peretti dormiva nel suo alloggio. È morto sul colpo. Marzia aveva cenato con Jacopo, poche ore prima della tragedia. Voleva che lui si fermasse a dormire da lei, in fondo era tardi: ma il 33enne le aveva spiegato che aveva troppe cose da fare l’indomani, cosi era tornato nel suo appartamento. «Mio figlio è stato ucciso da una storia di ossessione, rifiuto e violenza» dice sua madre. All’inizio sembrava un incidente. C’era una mano. Un nome. Giovanni Zippo. Una guardia giurata. Un uomo in uniforme, addestrato alla disciplina, alla responsabilità. Mentre i giornali pubblicano il nome di Zippo, in via Nizza 389 regna il silenzio. Gli operai lavorano senza sosta. Le recinzioni isolano quell’edificio. Tutto sembra più grigio che mai.


Anche il cielo: il sole ha lasciato posto alle nuvole scure, al presagio della pioggia che, puntuale, si presenta pochi minuti dopo. E lì, in mezzo a tutto questo grigio, c’è un mazzo di rose gialle. Sei.
Appese alla recinzione. I petali provati dal sole, mezzi secchi. Il bocciolo nemmeno aperto. Come Jacopo. Un ragazzo che aveva appena iniziato a vivere. Che non ha fatto in tempo. In mezzo alle rose, un bigliettino: «Ti ho voluto un gran bene e sempre te ne vorrò. Buon viaggio tesoro mio».

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