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Lavoro e intelligenza artificiale: in Italia la usano in molti, ma resta un forte divario tra dirigenti e operai

Secondo uno studio di BCG, solo un lavoratore su quattro riceve formazione adeguata. E il 36% degli italiani teme di perdere il posto entro dieci anni

Lavoro e intelligenza artificiale: in Italia la usano in molti, ma resta un forte divario tra dirigenti e operai

L’intelligenza artificiale generativa ha fatto il suo ingresso negli uffici italiani ma il suo utilizzo è ancora fortemente disomogeneo. A rivelarlo è il nuovo report AI at Work: Momentum Builds, But Gaps Remain, realizzato dalla società di consulenza Boston Consulting Group (BCG) che ha intervistato oltre 10.600 lavoratori in 11 Paesi, Italia compresa.

Secondo i dati, il 68% dei lavoratori italiani utilizza regolarmente strumenti di IA generativa, una percentuale più bassa rispetto alla media globale (72%) e molto lontana dai livelli di India (92%) e Medio Oriente (87%). Ma il dato più rilevante è quello che riguarda la disparità tra livelli aziendali: se l’IA è ormai quotidiana per l’85% dei dirigenti e il 78% dei manager, solo il 51% del personale operativo ne fa uso.

A frenare l’adozione tra operai e impiegati è innanzitutto la mancanza di formazione. Solo il 36% ha ricevuto istruzione adeguata e appena un lavoratore su quattro si sente supportato dai propri superiori. “Non basta introdurre strumenti di IA per cambiare davvero il modo di lavorare”, spiega Matteo Radice, managing director di BCG. “Bisogna investire nelle persone, nei processi e nella leadership”. Altro ostacolo è l’accesso agli strumenti: il 37% dei lavoratori denuncia la totale assenza di risorse fornite dall’azienda. E senza alternative ufficiali, più della metà (54%) ricorre a piattaforme non autorizzate, dando vita al fenomeno della “shadow AI” – un utilizzo sommerso e potenzialmente pericoloso per la sicurezza dei dati e delle infrastrutture aziendali.

Oltre al divario formativo e operativo, il report fotografa anche un clima di incertezza. Il 36% degli italiani teme che la propria posizione possa essere sostituita dall’IA entro dieci anni, un dato più contenuto rispetto alla media globale (41%) ma comunque rilevante. I livelli di preoccupazione sono più alti nei Paesi dove l’adozione è più spinta, come il Medio Oriente (63%) e la Spagna (61%). Il principale vantaggio riscontrato nell’uso dell’intelligenza artificiale è il risparmio di tempo: il 47% dei lavoratori globali guadagna più di un’ora al giorno. Tuttavia solo un terzo riceve indicazioni su come reinvestire quel tempo con il risultato che il potenziale della tecnologia rimane spesso inespresso.

Lo studio evidenzia infine che i risultati più efficaci si ottengono dove le imprese riprogettano interi processi e funzioni in ottica IA. In questi contesti più avanzati aumenta anche il senso di precarietà: il 46% dei dipendenti coinvolti in progetti di redesign teme per il proprio futuro contro il 34% di chi lavora in aziende meno evolute.

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