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La sentenza
17 Luglio 2025 - 18:47
Rocco Marotta, a sinistra, e Carmine Manzo, a destra
Un anno di reclusione per eccesso colposo di legittima difesa. Questa la condanna del tribunale di Biella nei confronti di Carmine Manzo, 26 anni, colpevole di aver investito con l’auto il padre della fidanzata, Rocco Marotta, morto a 44 anni per le ferite riportate. La pena inflitta – un anno di reclusione, con sospensione condizionale – chiude almeno sul piano giudiziario una vicenda segnata da tensioni, fughe e rapporti familiari lacerati.
Era l’agosto del 2024 quando si consumò il dramma, ma tutto era iniziato mesi prima. Marotta, operaio torinese, non accettava la relazione della figlia 22enne con Manzo, disoccupato e padre di un bambino avuto da una precedente compagna. La ragazza, stanca delle continue pressioni, aveva deciso a luglio di scappare insieme a Manzo per qualche settimana, tornando poi nella sua abitazione, senza però placare il conflitto con la famiglia.
La sera dell'accaduto, la giovane aveva appena confidato a Manzo di essere incinta. Dopo un rapido passaggio in pronto soccorso, la coppia si era ritrovata nuovamente davanti alla rabbia del padre e del fratello di lei. Quella che doveva essere una discussione si è trasformata in un confronto violento. E in pochi istanti, nel caos, l’auto guidata da Manzo ha travolto Marotta, lasciandolo agonizzante sull’asfalto. Le ferite si sono rivelate fatali.
In un primo momento, Manzo era stato arrestato con l’accusa di omicidio volontario, poi scarcerato dopo la ricostruzione dei fatti. In aula, il pubblico ministero Dario Bernardeschi aveva chiesto quattro anni e otto mesi per omicidio preterintenzionale, mentre i familiari della vittima, costituitisi parte civile, puntavano alla condanna per omicidio volontario.
Il giudice ha invece derubricato il reato, riconoscendo che l’azione è avvenuta in un contesto di concitazione e paura, e che Manzo non aveva intenzione di uccidere, ma ha reagito con modalità sproporzionate al rischio percepito.
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