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IL CASO
21 Luglio 2025 - 11:54
Da strada a studio professionale. Dalla collanina strappata al furto organizzato. Il salto di qualità – se così si può chiamare – è arrivato lo scorso 28 novembre, tra corso Massimo d’Azeglio e San Salvario. Un doppio colpo, messo a segno in pochi minuti: prima uno studio associato di commercialisti, poi uno di architettura. Bottino stimato: oltre diecimila euro tra contanti, marche da bollo, notebook e oggetti di valore. A entrare in azione, secondo la ricostruzione dei carabinieri, è un uomo di 29 anni, di origine marocchina, noto alle forze dell’ordine. Difeso dall’avvocata Francesca D’Urzo, è stato citato a giudizio nei giorni scorsi: a incastrarlo sono stati i filmati di videosorveglianza. Il processo inizierà in autunno. Non è stato necessario chiedere una nuova misura cautelare: il ladro è già detenuto al carcere Lorusso e Cutugno di Torino, dove sta scontando condanne divenute definitive. L’indagine ha richiesto mesi, ma il punto di svolta arriva dalle immagini. Si vede il ladro entrare con disinvoltura, accendere le luci, frugare nei cassetti, scegliere con cura cosa portare via. Niente vetri rotti, nessuna serratura forzata. Nessun rumore, nonostante quattro allarmi attivati tra le 3:30 e le 4:30 del mattino. Nel primo studio, porta via marche da bollo per cinquemila euro, una pochette rossa con mille euro in contanti, due portatili e altri oggetti di valore. Poi si sposta nello studio accanto. Prima, però, fa una pausa: estrae la pochette – la stessa appena rubata – la apre, ne tira fuori i contanti e scatta una foto col cellulare. È una scena ripresa nitidamente dalle telecamere: un gesto quasi compiaciuto, che diventerà una delle prove chiave. Quel volto, spiegano i militari nella relazione, è impossibile da confondere. Bevuto dal crack, consumato dall’eroina, lo hanno fermato più volte sotto ai portici di via Nizza, zona che conosce come casa. Le orecchie piccole, il naso pronunciato, la barba incolta: bastano pochi frame per riconoscerlo. Il suo profilo era già in archivio, tra i “frequentatori abituali” dello scalo ferroviario di Porta Nuova. In tasca, quasi sempre, pipette, siringhe, documenti falsi. L’elenco dei reati è lungo. Le accuse, distribuite su almeno quattro procedimenti distinti, vanno dal furto alla ricettazione, dalla detenzione di grimaldelli alla rapina impropria, passando per resistenza, spaccio e ingresso illegale nel territorio dello Stato. In due anni, dieci arresti. L’ultimo per un’aggressione. Il furto nei due studi è, per ora, l’episodio più redditizio, ma anche quello che – grazie alle immagini e al lavoro incrociato dei carabinieri – potrebbe costargli la condanna più pesante. La pochette rossa, regalo di Natale di un cliente, è stata riconosciuta con certezza dal titolare dello studio: «Era nel primo cassetto della mia dipendente», ha detto ai militari.
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