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CLIMA
28 Luglio 2025 - 07:45
A Tuvalu, piccolo arcipelago dell’Oceania composto da nove isole coralline, il tempo sembra scorrere più veloce che altrove. Non per lo stile di vita, ma per la minaccia sempre più imminente dell’innalzamento del mare. Secondo le più recenti analisi scientifiche, il Paese rischia di scomparire sotto le acque nell’arco di una generazione. Per evitare di essere cancellata dalla mappa, questa nazione sta avviando la prima migrazione pianificata della propria popolazione per motivi climatici.
Con una popolazione di poco superiore agli 11mila abitanti e un’altitudine media di appena due metri sul livello del mare, Tuvalu è tra le aree più vulnerabili alla crisi climatica. L’aumento delle temperature globali e il conseguente scioglimento dei ghiacci stanno accelerando l’innalzamento del livello oceanico, rendendo sempre più frequenti le inondazioni e le mareggiate. La Nasa ha rilevato che nel 2023 il livello del mare attorno all’arcipelago era salito di 15 centimetri rispetto alla media dei trent’anni precedenti. Se la tendenza continuerà, molte aree oggi abitate saranno sommerse entro il 2050.
Per far fronte a questa emergenza esistenziale, Tuvalu ha siglato nel 2023 un accordo bilaterale con l’Australia, chiamato Falepili Union. L’intesa prevede l’emissione annuale di 280 visti permanenti per cittadini tuvaluiani, che potranno trasferirsi in Australia con accesso garantito ai servizi sanitari, scolastici e lavorativi. I destinatari dei visti saranno selezionati tramite sorteggio, un sistema pensato per garantire equità nell’assegnazione.
L’obiettivo dell’accordo, secondo le autorità australiane, è quello di offrire una via migratoria dignitosa e sicura, senza che i cittadini di Tuvalu siano costretti a diventare rifugiati climatici in cerca di salvezza. L’Alta commissione australiana ha reso noto che la prima fase per la presentazione delle domande, aperta tra il 16 giugno e il 18 luglio, ha suscitato un’adesione massiccia: oltre 8.700 richieste, molte delle quali includevano interi nuclei familiari. Il primo sorteggio è stato programmato per il 25 luglio.
Gli esperti avvertono che il numero di persone in movimento potrebbe aumentare rapidamente. Secondo Jane McAdam, esperta di diritto internazionale delle migrazioni climatiche, considerando anche altri canali migratori esistenti tra il Pacifico e l’Australia o la Nuova Zelanda, ogni anno potrebbe migrare fino al 4% della popolazione di Tuvalu. In meno di dieci anni, questa cifra potrebbe arrivare al 40%.
La ministra australiana degli Esteri, Penny Wong, ha dichiarato che il programma rappresenta un segno concreto del legame di fiducia tra i due Paesi e una risposta concreta agli impatti climatici sempre più evidenti. Il governo di Canberra, ha spiegato, considera i tuvaluiani non solo come beneficiari, ma anche come futuri contributori alla società australiana.
Parallelamente all’accordo migratorio, il governo di Tuvalu sta lavorando su un progetto altrettanto innovativo quanto simbolico: diventare la prima nazione digitale al mondo. Avviata nel 2022, questa iniziativa prevede la digitalizzazione in 3D di tutte le isole, con l’intento di preservare virtualmente paesaggi, cultura e memoria collettiva. Le funzioni istituzionali dello Stato – come il governo e la giustizia – saranno trasferite in un ambiente virtuale, accessibile ovunque.
Il progetto include anche riforme costituzionali per ridefinire Tuvalu come uno “Stato virtuale”, un concetto che ha già ricevuto il riconoscimento formale da parte di 25 nazioni, tra cui Australia e Nuova Zelanda. In questo modo, anche se il territorio fisico dovesse svanire, l’identità nazionale e la sovranità giuridica potrebbero continuare a esistere nel mondo digitale.
Nel frattempo, Tuvalu cerca il sostegno del resto del mondo. Il primo ministro Feleti Teo ha chiesto alla comunità internazionale, nel corso della Conferenza delle Nazioni Unite sull’oceano tenutasi a Nizza lo scorso giugno, di lavorare alla stesura di un trattato globale sul livello del mare. La proposta mira a tutelare i diritti legali di Stati e popolazioni minacciati dall’innalzamento degli oceani, garantendo la continuità dello status statale e la permanenza dei confini marittimi, anche in caso di perdita del territorio fisico.
Il premier ha inoltre ribadito il sostegno del suo governo all’idea di un trattato di non proliferazione dei combustibili fossili, con l’intento di arrivare a un’eliminazione rapida, equa e definitiva delle fonti fossili a livello globale. Per Teo, la crisi climatica non è una minaccia futura, ma un’urgenza che richiede risposte immediate e coordinate.
L’esperienza di Tuvalu è una delle più visibili, ma non è isolata. Secondo i dati della Nasa, il livello medio globale del mare è cresciuto più rapidamente del previsto, con un aumento totale di 10 centimetri dal 1993. In alcune aree, come il Golfo del Messico, il ritmo è addirittura triplicato rispetto alla media globale, rendendo il problema diffuso e non limitato alle sole isole del Pacifico.
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