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IVREA

Codice Rosso, le forze dell’ordine formano parrucchiere ed estetiste per riconoscere la violenza di genere

«Il problema non è solo giudiziario. È sociale. La violenza di genere nasce in famiglia, attraversa le classi e le generazioni. Serve una strategia globale: formazione, cultura, istituzioni, scuola, famiglia. Non bastano le leggi»

Codice Rosso, le forze dell’ordine formano parrucchiere ed estetiste per riconoscere la violenza di genere

A Ivrea, parrucchiere ed estetiste diventano sentinelle. Pronte a intercettare i segnali sommersi della violenza sulle donne. Con il progetto "Antenne", in partenza a settembre, il Comune scommette sulla rete sociale più vicina alle vittime: chi le incontra nella routine, e ha imparato a leggere oltre le parole. Non solo forbici e creme, ma ascolto e attenzione. Dietro l’iniziativa, proposta dal Soroptimist e sostenuta da Ascom, Cna e Confesercenti, c’è la consapevolezza di un fenomeno che i numeri non riescono più a contenere. Gabriella Colosso, assessora alle Pari opportunità, lo dice chiaramente: «Dal 1° aprile al 30 giugno sono state 178 le denunce per Codice rosso, con un picco di 19 in sole 48 ore, tra il 4 e il 6 luglio». Il progetto prevede un corso di formazione, tenuto da psicologhe, mediche e forze dell’ordine, per aiutare parrucchiere ed estetiste a cogliere i segnali non detti, offrendo un primo spazio sicuro, dove la vittima possa sentirsi accolta, ascoltata, accompagnata. E non finisce qui. A breve partirà anche una campagna sugli autobus, con frasi da cui prendere le distanze e numeri utili da contattare. In cantiere, anche un Decalogo del Codice rosso, una guida pratica per chi si trova a dover affrontare la violenza, fisica o psicologica, con indicazioni su denuncia, strutture di accoglienza e assistenza legale. Come ricorda la procuratrice Gabriella Viglione, «sono casi delicati, che spesso coinvolgono minori, hanno risvolti civilistici e richiedono tempo e attenzione». Spesso la cronaca semplifica, ma la realtà è più complessa: vittime e carnefici condividono figli, amicizie, contesti. Una cultura. «Il problema non è solo giudiziario», insiste Colosso. «È sociale. La violenza di genere nasce in famiglia, attraversa le classi e le generazioni. Serve una strategia globale: formazione, cultura, istituzioni, scuola, famiglia. Non bastano le leggi».

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