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La confessione

Caso Città della Salute: la difesa di Schael, ora parla il suo fido collaboratore

Thomas Schael lascia la Città della Salute: tra tensioni politiche, inchieste e bilanci in bilico, un addio inevitabile

Caso Città della Salute: la difesa di Schael, ora parla il suo fido collaboratore

Thomas Schael

Thomas Schael lascerà certamente la Città della Salute. Lo dice con chiarezza uno dei dirigenti della Sanità che in questi cinque mesi è stato molto vicino al commissario e ne ha apprezzato il lavoro. Si può dire che parli per lui, come se Schrael avesse affidato al fido collaboratore la sua amarezza e il suo rammarico. «Il rapporto con l’assessore Riboldi - aggiunge il dipendente - si è logorato a tal punto che non può essere recuperato». Resta da stabilire quando e in che modo il dottore lascerà, ma non passerà molto tempo». L’anonima fonte, ma assolutamente affidabile, spiega come si sia giunti alla rottura in soli cinque mesi: «La politica ha scelto il dottore per le sue idee e per mettere a posto le cose». «Forse all’inizio Schael ha commesso qualche errore. Probabilmente si è allargato un po’ troppo e ciò ha dato molto fastidio ai politici». Anche perché il commissario è andato a toccare «molti interessi. Gli orticelli degli uni e quelli degli altri. La Città della Salute è una struttura complessa che si regge, in alcuni settori, su equilibri precari. Il commissario è andato avanti con un pantzer e certi privilegi o sono caduti o stavano per cadere. Allora qualcuno è andato a protestare con i politici e il dottore, in poco tempo, è diventato un personaggio scomodo». Scomodo per la politica: «Sì, c’è la questione del bilancio. In verità il commissario non ha mai detto che non avrebbe firmato il bilancio, ma lo avrebbe fatto solo a ragion veduta. Tant’è che ha incaricato una società di advisor per fare chiarezza sui conti, così da permettergli di procedere senza rischiare nulla».

Ma qualcuno avrebbe voluto vedere subito la sua firma: «Non scherziamo, con le inchieste che sono in corso e che riguardano la Città della Salute, firmare alla cieca potrebbe significare auto condannarsi al patibolo, per fatti, poi, antecedenti alla sua gestione. Ecco perché il dottore si è mosso con circospezione e con estrema prudenza. E poi ci sono altre cose che il commissario non ha digerito». Come il modo nel quale sarebbe stato silurato in anticipo: «Per giunta apprendendolo dai giornali, con una serie di articoli in rapida successione, quasi ci fosse stato un suggeritore. Un suggeritore, non un manovratore, i giornalisti fanno il loro lavoro e non credo proprio che si facciano manovrare, ne in questo, come in altri casi». Dunque i problemi di fondo sono l’esuberanza eccessiva e il bilancio: «Non solo. Dove c’è stato uno scontro durissimo è sulle visite private e sulle convenzioni con le cliniche. Lì si toccano grandi interessi sia strutturali che personali. Ne ha approfittato il sindacato che ha sparato ingenerosamente le sue cartucce. Il dottore non lo ha difeso nessuno, neppure la sinistra. D’altra parte le inchieste in corso riguardano la gestione della Sanità pubblica in un arco ampio di tempo e si riferiscono sia ad amministrazioni di centro destra che quelle di centrosinistra. Insomma, dispiace, il dottor Schael ci ha provato, ma è stato soffocato. Chi verrà dopo di lui? Non credo proprio che ci sia la fila».

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