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Maltrattare un animale è reato: svolta storica nel Codice penale italiano

Una riforma che non è perfetta — lo sottolineano anche alcune associazioni animaliste — ma che segna un netto cambio di prospettiva

Maltrattare un animale è reato: svolta storica nel Codice penale italiano

Dallo scorso primo luglio, con l’entrata in vigore della legge 6 giugno 2025, n. 82, l’Italia ha compiuto un passo storico nel riconoscere gli animali come esseri senzienti, soggetti di diritto e non più semplici oggetti tutelati solo per il legame affettivo con l’essere umano.
È una svolta culturale e giuridica, che si traduce concretamente nell’introduzione del nuovo Titolo IX-bis del libro secondo del Codice penale, intitolato «Dei delitti contro gli animali». Una riforma che non è perfetta — lo sottolineano anche alcune associazioni animaliste — ma che segna un netto cambio di prospettiva: al centro c’è ora il benessere dell’animale in quanto tale.
La nuova legge, composta da 15 articoli, ha inasprito le pene per chi maltratta, uccide o sfrutta gli animali. L’uccisione senza necessità è ora punita con fino a 3 anni di carcere e 30mila euro di multa (che diventano 4 anni e 60mila in caso di sevizie o sofferenze prolungate). Stessa direzione per i maltrattamenti, con reclusione da sei mesi a due anni, sempre accompagnata da sanzione economica. Vengono anche introdotte aggravanti specifiche: se il reato avviene in presenza di minori, coinvolge più animali contemporaneamente o viene diffuso attraverso video o immagini online, la pena può aumentare fino a un terzo. Tra le novità più concrete e immediate c’è il divieto nazionale di detenere cani e gatti alla catena, salvo rare eccezioni sanitarie: chi viola la norma rischia una multa da 500 a 5.000 euro.

Anche l’abbandono è stato punito più duramente: l’arresto può arrivare a un anno e le ammende vanno da 5.000 a 10.000 euro. Se l’animale è lasciato in strada o da un veicolo, è prevista anche la sospensione della patente.La legge interviene inoltre sul traffico illecito di cuccioli: ora basta l’assenza di uno solo tra microchip o certificazioni sanitarie per far scattare il reato. Una delle misure più apprezzate è la possibilità, da parte del giudice, di affidare in via definitiva gli animali sequestrati ad associazioni già durante il procedimento.
Obiettivo: evitare lunghi periodi di stallo nei rifugi e garantire benessere all’animale. Contestualmente, è stato introdotto il divieto di abbattimento o cessione per tutti gli animali oggetto di indagini. Per quanto avanzata, la riforma presenta ancora alcune lacune: manca un registro nazionale dei reati contro gli animali, non è stato introdotto un divieto di detenzione per i condannati recidivi, e resta possibile identificare i cuccioli oltre i due mesi, con il rischio di alimentare traffici illegali.
Secondo le principali associazioni animaliste, il testo va nella giusta direzione ma la vera sfida sarà l’applicazione concreta, oltre all’impegno del governo nel garantire coordinamento tra forze dell’ordine, magistratura e amministrazioni locali. Una cosa, però, è chiara: dal primo luglio 2025, in Italia maltrattare un animale non è più un atto contro la sensibilità umana. È un reato, punto.

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