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L'editoriale

Un nuovo centro, ma senza quei tromboni degli ex

Il centro resta un mosaico che non dialoga: senza giovani e pluralità, il progetto di una nuova Dc si arena e il Paese resta bipolare

Un nuovo centro, ma senza quei tromboni degli ex

Le prove tecniche di nuova Dc potrebbero fallire. Semplicemente perché il Centro, invocato da molti, è un agglomerato di gruppi, gruppetti e solitudini che non solo non dialogano tra loro, ma preferiscono evitare ogni genere di relazione. Divisioni di carattere politico e ancor di più personali, impediscono la nascita di un nuovo soggetto politico. Viene meno, dunque, la caratteristica peculiare di quel centro che ha guidato il Paese per più di quarant’anni: la pluralità. Le famose correnti (tanto vituperate) erano la ricchezza della Democrazia Cristiana. Correnti che gravitavano attorno ad un’idea e ne facevano sistema, portando istanze, bisogni, proposte e soluzioni diverse.

Ovviamente la relazione tra esse era vitale per l’esistenza del partito. A settembre a Bardonecchia (ne abbiamo riferito sul giornale di ieri), si tenta un primo approccio, ma già d’ora i “distinguo” fanno pensare che non se ne farà praticamente nulla e il nostro sistema continuerà ad essere sostanzialmente bipolare (che in termini scientifici non è che sia proprio una bella cosa). La Dc, il Partito Popolare, il grande centro che dir si voglia, potrebbe rinascere, ma non sarà così finché a lavorare al progetto saranno eserciti più o meno numerosi di ex e di nostalgici. Il nuovo guarda al passato, ma sono i giovani che costruiscono il futuro. E se le istanze non partono da loro, è impensabile immaginare qualcosa di veramente nuovo. Ad oggi i poli politici restano sostanzialmente due; si aderisce all’uno o all’altro. “Tertium non datur”, lo diceva anche Aristotele.

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