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07 Ottobre 2025 - 13:40
L’era dei social media ha generato una nuova categoria di celebrità: i baby influencer, bambini che, spesso con l’aiuto dei genitori, condividono online la loro vita quotidiana, promuovendo prodotti e accumulando follower. Un fenomeno in rapida crescita, ma che solleva interrogativi etici e legali sulla tutela dei minori, la loro immagine e il diritto alla privacy.
Dietro ai video “spontanei” e ai sorrisi davanti alla telecamera, si nasconde un lavoro vero e proprio: ore di registrazioni, sponsorizzazioni e guadagni gestiti dagli adulti. L’Italia non ha ancora una normativa specifica, ma Paesi come la Francia e il Regno Unito hanno introdotto leggi che tutelano i minori, limitano gli orari di “lavoro digitale” e garantiscono che i guadagni restino a loro disposizione.
Il fenomeno si intreccia con lo sharenting, ovvero la condivisione costante di foto e video dei figli da parte dei genitori. Una pratica diffusa e apparentemente innocua, ma che può esporre i minori a rischi di furto d’identità, cyberbullismo o sfruttamento dell’immagine.
Educatori e psicologi invitano a riflettere sul messaggio che trasmettiamo: apparire non può valere più dell’essere. Serve un’educazione digitale che parta dagli adulti e aiuti i bambini a crescere in modo consapevole, liberi dall’obbligo di vivere sotto i riflettori di un like.
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