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Salute e prevenzione
14 Ottobre 2025 - 07:50
Non solo gli antibiotici possono influenzare profondamente la salute intestinale: secondo un recente studio pubblicato su mSystem, anche farmaci molto diffusi come beta-bloccanti, antidepressivi, benzodiazepine e inibitori della pompa protonica (IPP), utilizzati per il reflusso gastro-esofageo, possono modificare la comunità microbica dell’intestino. Sorprendentemente, alcuni di questi effetti persistono anni dopo aver interrotto l’assunzione dei farmaci.
I ricercatori dell’Estonian Genome Centre dell’Università di Tartu, guidati dal dottor Oliver Aasmets, hanno analizzato campioni di feci e dati clinici di oltre 2.500 persone. Hanno scoperto che la maggior parte dei 186 farmaci studiati era associata a cambiamenti misurabili nel microbioma intestinale, e circa il 42% di questi presentava effetti di trascinamento, rilevabili anche decenni dopo il trattamento.
Tra i farmaci coinvolti ci sono:
Beta-bloccanti: comunemente prescritti per ipertensione e protezione cardiaca.
Benzodiazepine (come Valium e Xanax): usate per ansia e disturbi del sonno.
Antidepressivi (in particolare gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina).
IPP: utilizzati per il reflusso acido e il bruciore di stomaco.
Gli effetti non sono uniformi: farmaci della stessa categoria possono avere impatti diversi sul microbioma. “È interessante notare che le benzodiazepine producono alterazioni simili a quelle degli antibiotici ad ampio spettro”, spiegano gli autori.
I ricercatori sottolineano inoltre che la storia di assunzione dei farmaci è fondamentale per comprendere le differenze individuali nel microbioma. “L’uso passato di medicinali può avere un ruolo altrettanto rilevante quanto quello attuale, suggerendo che l’impatto dei farmaci sul microbiota potrebbe essere sottovalutato”, afferma la professoressa Elin Org, autrice corrispondente dello studio.
Queste scoperte sollevano importanti interrogativi sugli effetti a lungo termine di farmaci comunemente prescritti, evidenziando l’importanza di considerare la storia farmacologica dei pazienti nella ricerca e nella pratica clinica.
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