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Il fatto

Caso Mara Favro, non è ancora finita. La famiglia si oppone all’archiviazione

Per i carabinieri «ipotesi più accreditata quella del suicidio»

Caso Mara Favro, non è ancora finita. La famiglia si oppone all’archiviazione

Nell’ultimo giorno utile, la difesa della famiglia di Mara Favro ha depositato la richiesta di opposizione all’archiviazione dell’inchiesta. Una decisione attesa, che arriva dopo quindici mesi dall’apertura del fascicolo e segna un nuovo passaggio in un’indagine rimasta sospesa tra ipotesi e silenzi. «Ce lo aspettavamo», commenta l’avvocato Tommaso Luca Calabrò, legale di Luca Milione, il gestore ed ex titolare della cameriera valsusina scomparsa il 7 marzo del 2024. «Abbiamo piena fiducia nella magistratura», aggiunge ancora Calabrò. Un caso, quello di Mara Favro, che continua a lasciare domande senza risposta. Le ossa della donna erano state trovate quasi un anno dopo la scomparsa, nei boschi di Gravere, in una zona impervia, non facilmente accessibile di notte. Un luogo che, secondo gli investigatori, non corrisponde ai siti solitamente scelti per un gesto suicidario. L’autopsia, disposta dal procuratore aggiunto Cesare Parodi ed eseguita dal medico legale Roberto Testi, non aveva chiarito le cause della morte. Troppo tempo era trascorso dal decesso al ritrovamento: le ossa erano deteriorate dagli agenti atmosferici, dal passaggio di animali, dallo scorrere dei mesi.Il tempo, dicono le fonti investigative, è stato il principale nemico di questa indagine. Un omicidio, anche solo ipotetico, si risolve nei giorni immediatamente successivi al ritrovamento del corpo. Nel caso di Favro, non è stato possibile. L’inchiesta, infatti, avrebbe preso corpo solo due mesi dopo la scomparsa, quando in procura arrivò l’esposto della famiglia. In precedenza, la linea investigativa privilegiata era stata quella del suicidio. Un orientamento che, per gli inquirenti, ha condizionato il ritmo e la direzione delle verifiche. A diciannove mesi dalla denuncia di scomparsa, il mistero resta intatto. Nemmeno la nota riepilogativa del Nucleo investigativo dei carabinieri, il documento che ha spinto la procura a chiedere l’archiviazione, risolve il giallo. Nelle conclusioni, i militari scrivono che «il gesto anticonservativo» è «l’ipotesi più accreditata». Ma lo stesso atto riassume mesi di indagini condotte, in gran parte, senza elementi oggettivi: i tabulati telefonici e le testimonianze raccolte non hanno fornito riscontri determinanti. E, soprattutto, le immagini delle telecamere che avrebbero potuto raccontare gli ultimi movimenti di Mara non esistono più. Quando i carabinieri di Susa hanno chiesto al Comune di Chiomonte i filmati delle strade, quindici giorni dopo la denuncia di scomparsa, era già troppo tardi. I video non erano più disponibili per decorrenza dei termini di conservazione.

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