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Nepal, ricerche sospese per i cinque alpinisti dispersi: “La neve è troppo compatta”

Sul ghiacciaio dello Yalung Ri il manto nevoso, duro come cemento, blocca le operazioni di soccorso. Tra i dispersi due italiani, Markus Kirchler e Marco Di Marcello

Nepal, ricerche sospese per i cinque alpinisti dispersi: “La neve è troppo compatta”

Le operazioni di soccorso sul ghiacciaio dello Yalung Ri, in Nepal, sono state interrotte a causa delle condizioni proibitive del terreno. Dopo giorni di tentativi, le squadre impegnate nel recupero dei cinque alpinisti dispersi hanno dovuto fermarsi: la neve estremamente compatta, mescolata a rocce e detriti, rende impossibile continuare gli scavi.

L’annuncio della sospensione è stato diffuso da Manuel Munari, uno dei componenti della spedizione Avia Mea, che ha comunicato la decisione tramite i canali ufficiali del gruppo. Munari ha spiegato che la missione è stata sospesa perché la neve, ormai “supercompatta”, non consente alcuna manovra di scavo in sicurezza. Le squadre – ha aggiunto – continueranno a monitorare la zona e valuteranno un eventuale ritorno sul campo nelle prossime settimane, qualora la situazione dovesse migliorare.

I dispersi sono gli italiani Marco Di Marcello e Markus Kirchler, il tedesco Jakob Schreiber e le guide nepalesi Mere Karki e Padam Tamang. Le condizioni meteorologiche avverse ostacolano anche i sorvoli in elicottero, rendendo complicato qualsiasi intervento dall’alto.

Fonti del team di ricerca hanno riferito che le squadre operano a 5.420 metri di quota, utilizzando rilevatori Recco, strumenti capaci di individuare segnali provenienti da dispositivi riflettenti o parti metalliche dell’attrezzatura alpinistica. Tra gli esperti presenti figura anche lo svizzero Bruno Jelk, considerato uno dei maggiori conoscitori di soccorso in alta montagna. Nonostante ciò, la compattezza del manto nevoso e il rischio di nuove valanghe hanno reso inevitabile la sospensione delle ricerche.

La valanga che ha travolto gli alpinisti avrebbe avuto un fronte compreso tra i 210 e i 220 metri. A dare l’allarme, secondo quanto ricostruito, è stata una scalatrice francese appartenente a una delle tre spedizioni presenti nella stessa area.

Il fratello di uno dei dispersi, Gianni Di Marcello, ha riferito che la neve è “dura come cemento” e piena di detriti rocciosi, il che rende ogni tentativo di scavo “estremamente difficile”.

Gli esperti avvertono che un’ulteriore valanga potrebbe rendere i ritrovamenti impossibili, poiché la neve si compatterebbe ancora di più, aumentando la profondità dei detriti. In caso contrario, hanno spiegato Munari e il collega Cucchi, sarà necessario attendere il disgelo estivo: con l’aumento delle temperature, lo scioglimento della neve potrebbe consentire di individuare i corpi.

La tragedia dello Yalung Ri si inserisce in un quadro già grave per l’alpinismo italiano in Nepal. Nei giorni scorsi sono stati recuperati i corpi di Stefano Farronato, Alessandro Caputo e Paolo Cocco, vittime di altre slavine sulle pendici del Pambari e del Manaslu Peak. La Farnesina ha fatto sapere che le probabilità di sopravvivenza per Di Marcello e Kirchler sono ormai estremamente basse.

Dall’Italia, il dolore resta forte. Lo scrittore Paolo Cognetti, grande conoscitore dell’Himalaya, ha ricordato che “l’alta montagna è un luogo meraviglioso ma implacabile”, sottolineando come chi la frequenta sia sempre consapevole dei rischi che comporta.

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