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Economia

"Direttamente dalla fabbrica": su TikTok spopola la promozione delle merci cinesi low-cost

Influencer e operai cinesi parlano agli americani: “Stesse scarpe, stessi materiali, ma a un decimo del prezzo”

"Direttamente dalla fabbrica": su TikTok spopola la promozione delle merci cinesi low-cost

Negli ultimi giorni TikTok e Instagram sono stati invasi da video in cui lavoratori e influencer cinesi si rivolgono direttamente al pubblico statunitense, cercando di convincerlo a comprare beni direttamente dalle fabbriche in Cina, promettendo risparmi notevoli e una qualità identica a quella dei grandi marchi occidentali. Il tempismo non è casuale: il 2 maggio entrerà in vigore una nuova misura voluta dal presidente Donald Trump, che revocherà l’esenzione dai dazi per le merci cinesi sotto gli 800 dollari, una soglia che finora ha permesso l’esplosione di app come Shein, Temu, DHgate e Taobao. La mossa rientra nell’ampliamento delle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina, dove i dazi hanno già raggiunto percentuali che superano il 200% per alcune categorie di prodotti.

Molti dei video mostrano persone che si presentano come operai di stabilimenti cinesi, parlando un inglese fluente e adottando toni rassicuranti. Spiegano che nei loro impianti si producono scarpe, borse e abiti identici a quelli venduti in Occidente a prezzi decuplicati, e che spesso si tratta delle stesse fabbriche in cui lavorano per marchi famosi, il cui prezzo finale sarebbe gonfiato solo dalla rifinitura e confezione in Europa o Stati Uniti.

Uno dei contenuti più virali riguarda i leggings di Lululemon, venduti a oltre 100 dollari negli store americani, ma acquistabili per 5 o 6 dollari direttamente dalla fabbrica. In un altro video si cita la borsa Birkin di Hermès, venduta per 38.000 dollari, ma che – secondo chi parla – si può replicare con materiali identici a meno di 1.400 dollari in Cina. Le aziende coinvolte hanno subito reagito: Lululemon ha negato qualsiasi legame con la fabbrica menzionata, mentre un portavoce di Hermès ha dichiarato che «le nostre borse sono fatte al 100% in Francia». Anche TikTok ha iniziato a rimuovere alcuni contenuti per violazione delle linee guida sulla promozione di merce contraffatta, ma molti video continuano a circolare in versioni modificate o condivise su altri canali.

Secondo un’inchiesta del New York Times, questi video hanno ottenuto milioni di visualizzazioni e i post con hashtag come #ChinaFactory e #ChineseFactory hanno superato quota 200mila. Numerosi utenti americani hanno iniziato a condividere elenchi di aziende cinesi da cui comprare direttamente, incentivando l’uso di app asiatiche i cui download sono cresciuti vertiginosamente, in particolare durante la settimana di Pasqua.

Secondo Matt Pearl, esperto del Center for Strategic and International Studies, i video non solo hanno una forte carica empatica, ma mostrano quanto gli Stati Uniti siano ancora profondamente dipendenti dalla manifattura cinese. Pearl suggerisce anche che il governo cinese potrebbe incentivare la diffusione di questi contenuti, sfruttando TikTok – piattaforma di proprietà della cinese ByteDance – come mezzo di propaganda economica soft. Tuttavia, esperti come Sucharita Kodali, analista della società di consulenza Forrester, mettono in guardia: è improbabile che chi appare nei video sia davvero autorizzato a produrre per i grandi marchi. Le aziende che lavorano come terzisti firmano accordi di riservatezza molto rigidi, e violarli pubblicamente potrebbe costare caro. «È più probabile che si tratti di contraffazioni o imitazioni molto fedeli», afferma Kodali.

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