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Usato online: un mercato da 21 miliardi che cresce con l'inflazione e la sostenibilità

Un settore in piena espansione cambia il modo in cui compriamo. E in Italia?

Usato online: un mercato da 21 miliardi che cresce con l'inflazione e la sostenibilità

È il quadro che emerge dal nuovo Second Chance Impact Report condotto dal Cebr (Centre for Economics and Business Research) per conto di Amazon: il mercato online dei prodotti di seconda mano in Europa ha raggiunto nel 2024 un valore di 21,6 miliardi di euro, e secondo le stime è destinato a salire a 23,6 miliardi nel 2025. Una crescita che non è solo quantitativa, ma anche qualitativa. Quello che fino a pochi anni fa era considerato un segmento di nicchia, oggi mostra segni di maturazione economica, sostenuto da tre driver principali: il bisogno di contenere il costo della vita, una maggiore consapevolezza ambientale ed etica e l’aumento dell’affidabilità delle piattaforme digitali.

In Italia, il comparto ha generato nel 2024 1,4 miliardi di euro di valore aggiunto, con una spesa complessiva in prodotti di seconda mano pari a 2,5 miliardi. Secondo il report, gli italiani hanno risparmiato oltre 3,2 miliardi di euro optando per articoli usati, ricondizionati o con confezione aperta. E la tendenza è destinata a crescere: nel 2025 il settore dovrebbe raggiungere un valore di 2,6 miliardi. Le categorie più dinamiche includono tecnologia, abbigliamento, accessori e piccoli elettrodomestici, con circa 740 milioni di articoli scambiati complessivamente in Europa nel corso del 2024. Sulla sola piattaforma Amazon, le vendite di prodotti usati hanno superato i due miliardi di euro tra Europa e Regno Unito. «Queste cifre parlano di un mercato solido e in fase di maturazione, passato da una nicchia a una realtà mainstream. E questi prodotti non sono più considerati una seconda scelta», afferma Pushpin Singh, managing economist del Cebr.

Secondo il rapporto, la motivazione principale è l’accessibilità economica in un contesto segnato da inflazione e stagnazione salariale. Il 52% dei consumatori italiani intervistati ha dichiarato che non sceglierebbe un prodotto nuovo se fosse disponibile l’equivalente usato a un prezzo inferiore. Ma c’è anche una motivazione culturale: la seconda mano è diventata una scelta consapevole, spesso legata alla sostenibilità e alla riduzione degli sprechi.

Nonostante i numeri positivi, l’Italia appare in ritardo rispetto ad altri mercati europei. La crescita reale dei consumi tra 2019 e 2024 è stata dello 0,4%, appena superiore alla Germania (0,3%) ma ben al di sotto di Francia e Spagna, che hanno superato il +3%. Secondo Singh, il motivo va cercato nell’andamento debole del reddito reale e nella scarsa diffusione della cultura del second hand, soprattutto al di fuori delle grandi città. Anche il divario digitale contribuisce a rallentare la penetrazione del settore: la minore familiarità con le piattaforme online limita l’accesso a questo tipo di consumo.

A trainare il mercato sono soprattutto le nuove generazioni, più abituate all’e-commerce e più ricettive verso i temi ambientali e sociali. Per molti under 35, l’usato è una scelta etica e identitaria, soprattutto nel mondo della moda, dove l’abbigliamento second hand è ormai entrato nel mainstream.

Il mercato dei prodotti di seconda mano si sta trasformando in un asset strutturale dell’economia digitale europea. In Italia il potenziale è alto, ma resta in parte inespresso. La seconda mano, insomma, ha bisogno di una prima occasione politica.

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