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Guerra dei dazi
22 Luglio 2025 - 13:35
BYD, il più grande produttore cinese di auto elettriche, rallenta in Ungheria e accelera in Turchia. Questo cambio di fronte appare sempre più come una strategia mirata ad aggirare i dazi imposti dall’Unione Europea sulle vetture elettriche di provenienza cinese. A spiegarlo è Milano Finanza, che secondo fonti riportate da Reuters, l’impianto di Szeged, nel sud dell’Ungheria, non entrerà in piena produzione prima del 2026, con volumi di gran lunga inferiori rispetto alla capacità progettata. Il sito, annunciato nel 2023 con un investimento da 4 miliardi di euro e una capacità iniziale di 150mila veicoli l’anno, produrrà inizialmente solo poche decine di migliaia di auto. Nel frattempo, a sorpresa, BYD ha deciso di anticipare l’apertura del suo stabilimento a Manisa, in Turchia, prevista inizialmente per fine 2026. La nuova fabbrica, realizzata con un investimento di 1 miliardo di dollari, punta a produrre ben oltre le 150mila unità annue previste, superando la fabbrica ungherese già nel 2027 e accelerando ulteriormente nel 2028.
La scelta non è casuale. La Turchia fa parte dell’unione doganale con l’Unione Europea, e per questo le auto cinesi prodotte sul suo territorio possono entrare nel mercato UE senza dazi. Al contrario, i veicoli prodotti in Cina da BYD sono attualmente soggetti a un impatto tariffario complessivo del 27%. La Commissione europea, nel tentativo di contenere la concorrenza cinese e rilanciare la produzione interna, ha recentemente inasprito le misure contro le importazioni sovvenzionate. Tuttavia, l’apertura del sito turco rischia di neutralizzare gran parte dell’efficacia di questi dazi, rendendo Manisa una porta d’ingresso privilegiata per i veicoli cinesi nell’Ue.
Questa manovra rappresenta un colpo alla strategia industriale europea, che mirava ad attrarre investimenti diretti nel territorio comunitario proprio come quello promesso da BYD in Ungheria. Se l’azienda dovesse realmente concentrare la sua capacità produttiva in Turchia, l’UE rischia di perdere migliaia di posti di lavoro e miliardi di investimenti industriali, proprio mentre cerca di stimolare la transizione elettrica. Secondo le fonti citate da Reuters, la fabbrica turca produrrà modelli destinati all’export europeo, tra cui: la Seal U elettrica, la Sealion 5, in versione elettrica e plug-in hybrid e altri due modelli ibridi plug-in.
In Ungheria, invece, dovrebbero essere assemblati modelli come l’Atto 3, la Dolphin e la Seagull (l’elettrica low-cost pensata per conquistare il segmento entry level), anche se alcune voci parlano di possibili variazioni di gamma, tra cui un eventuale Atto 2. Ma con la produzione in ritardo a Szeged e l’accelerazione a Manisa, la mappa industriale di BYD in Europa sembra destinata a ruotare sempre più attorno al fronte turco.
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