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ECONOMIA & TECNOLOGIA

Tante tasse per le imprese italiane, poche per i giganti del web: l’Ue vuole cambiare le regole

Google, Amazon e Facebook pagano meno di quanto ci si aspetti. Bruxelles rilancia la web tax, ma Trump è contrario

Tante tasse per le imprese italiane, poche per i giganti del web: l’Ue vuole cambiare le regole

Una tassa per far pagare le Big Tech dove fanno profitti, anche se non hanno una sede fisica. È questa, in sintesi, l’idea della web tax. Una proposta di vecchia data, che l’Unione europea non ha ancora trasformato in realtà. E che continua a creare frizioni con gli Stati Uniti, contrari da sempre a misure che colpirebbero soprattutto le loro multinazionali.

La Commissione europea ha escluso la tassa dal bilancio 2028–2034, su cui stanno lavorando Parlamento e Consiglio. Eppure il tema resta sul tavolo. Lo dimostra anche il recente incontro in Scozia tra la presidente Ursula von der Leyen e il presidente americano Donald Trump. Un’intesa è stata firmata, ma il contenuto divide. Washington sostiene che Bruxelles abbia promesso di fermare la web tax. La Commissione, però, smentisce: “Non rinunciamo al diritto di regolare il digitale”, fanno sapere.

Cos’è la Digital Tax

L’idea è semplice. Le grandi aziende digitali — Google, Amazon, Apple, Facebook — operano in Europa, generano ricavi, ma pagano le tasse altrove. Dove conviene. Con la web tax si vuole cambiare questo meccanismo. I ricavi prodotti nei vari Paesi andrebbero tassati localmente, anche in assenza di una presenza fisica. Una misura che punta a recuperare gettito e a riequilibrare il mercato. Oggi gli Stati Uniti vantano un surplus di oltre 100 miliardi di dollari nei servizi digitali. L’Europa prova a reagire.

Il problema è politico. Per approvare una norma fiscale a livello comunitario serve l’unanimità degli Stati membri. E l’intesa non c’è. Alcuni Paesi, come l’Italia o la Francia, sono favorevoli. Altri temono ripercussioni sui rapporti con gli Usa o sugli investimenti.

Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha confermato che la questione non è chiusa: “L’Italia ha già una web tax. Ma non tutti in Europa l’hanno introdotta. La discussione resta aperta”.

L’esperienza italiana

Dal 2020, in Italia è attiva la Digital Service Tax. Un’imposta del 3% applicata ai ricavi derivanti da pubblicità online, e-commerce, streaming. I ricavi si calcolano al lordo dei costi, al netto di IVA e imposte indirette.

Nel 2024 ha generato un gettito di 455 milioni di euro, secondo i dati ufficiali. L’85% è stato versato da aziende statunitensi. Un importo modesto se confrontato con i 24,6 miliardi di euro che le piccole e medie imprese italiane versano ogni anno in tasse, secondo la CGIA di Mestre.

Per Trump, la web tax è una misura protezionistica. Una barriera contro le aziende americane. Per Bruxelles è solo una questione di equità. Il confronto continua. Ma la distanza tra le due sponde dell’Atlantico, almeno su questo punto, resta intatta.

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