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La cessione

Iveco Defence, i sindacati chiedono garanzie per i lavoratori a Leonardo

Urso punta a un’integrazione strategica nel piano industriale di Leonardo

Iveco Defence, i sindacati chiedono garanzie per i lavoratori a Leonardo

La questione Iveco Defence torna al centro della scena industriale italiana. Al Ministero delle Imprese e del Made in Italy si è riunito un nuovo tavolo di confronto dedicato alla cessione a Leonardo dei rami d’azienda di Iveco che si occupano di produzione per la difesa. Il ministro Adolfo Urso ha espresso fiducia nella capacità del gruppo guidato da Roberto Cingolani di assicurare uno sviluppo sostenuto di Iveco Defence. Per la prima volta, Leonardo ha presentato a Palazzo Piacentini le motivazioni dell’operazione, pur mantenendo riservati i dettagli, dato che le trattative sono ancora in corso. Dalla riunione è emerso come Iveco Defence rappresenti un “tassello fondamentale” del piano industriale del gruppo per consolidare i cinque domini operativi: terra, mare, aria, spazio e cyber. Il prossimo 28 ottobre Urso incontrerà anche Tata Motors, il gruppo indiano che ha rilevato l’altra divisione di Iveco, quella dedicata ai veicoli commerciali.

Dal fronte sindacale cresce l’attesa per risposte concrete sul futuro degli stabilimenti e dei lavoratori. La Uilm chiede garanzie per tutti i 1.900 addetti dell’azienda, “senza distinzione tra chi opera nel militare, nel civile o nella vigilanza interna, né tra dipendenti diretti e somministrati”. Gianluca Ficco, responsabile del settore auto, e Bruno Cantonetti, responsabile del settore difesa, sottolineano la necessità di mantenere “i trattamenti di miglior favore del Contratto specifico di Lavoro Fiat, come il sesto scatto di anzianità e l’incentivo di produttività legato alla presenza”. Anche la Fim-Cisl insiste sulla tutela occupazionale, chiedendo la stabilizzazione dei circa 250 lavoratori oggi in somministrazione e la conferma del personale addetto alla sorveglianza interna. Pur riconoscendo l’impegno del Mimit nella gestione della transizione, il sindacato richiama l’attenzione del governo sulla “grande trasformazione che attraversa il settore della mobilità e della difesa”, chiedendo una strategia di lungo periodo a sostegno delle produzioni nazionali.

Più critica la posizione della Fiom-Cgil, che contesta la decisione di affrontare separatamente la questione della divisione militare e quella civile del gruppo. “Si conferma il disimpegno del gruppo Exor dall’Italia - dichiarano Samuele Lodi e Maurizio Oreggia - che attraverso queste operazioni realizza profitti, come già avvenuto nei casi Marelli e Comau, senza reinvestirli negli asset strategici per il Paese”. I metalmeccanici della Cgil chiedono di fissare nuovi incontri dopo l’appuntamento di fine ottobre con Tata Motors e annunciano una campagna di assemblee nei siti produttivi per informare e coinvolgere le lavoratrici e i lavoratori. “Servono garanzie chiare da parte dell’azienda e del Governo, altrimenti valuteremo tutte le iniziative necessarie per tutelare l’occupazione e i diritti”.

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