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Stipendi degli insegnanti: un divario strutturale tra formazione e retribuzione

La retribuzione degli insegnanti italiani resta tra le più basse d’Europa, nonostante il livello di istruzione richiesto e la rilevanza sociale

Stipendi degli insegnanti

La retribuzione degli insegnanti italiani resta tra le più basse d’Europa, nonostante il livello di istruzione richiesto e la rilevanza sociale del loro ruolo

La retribuzione degli insegnanti italiani resta tra le più basse d’Europa, nonostante il livello di istruzione richiesto e la rilevanza sociale del loro ruolo. Il quadro, delineato dal rapporto OECD Education at a Glance 2025, mostra come un docente della scuola primaria in Italia guadagni in media il 33% in meno rispetto a lavoratori a tempo pieno con laurea, contro un divario medio del 17% negli altri Paesi OCSE. Anche nelle scuole secondarie le differenze sono consistenti: le retribuzioni risultano inferiori del 10-15% rispetto alla media europea e la progressione di carriera è più lenta.

Neppure il settore universitario rappresenta un’eccezione. Pur con compensi più elevati rispetto alla scuola, i docenti italiani percepiscono stipendi inferiori ai colleghi europei, con livelli iniziali contenuti e aumenti scaglionati nel tempo. Le cause di questa disparità vanno ricercate in fattori economici, politici e culturali. Per anni la scuola italiana ha subìto blocchi contrattuali e tagli di bilancio, che hanno ridotto le risorse per il personale e limitato i rinnovi dei contratti collettivi. L’erosione del potere d’acquisto è stata aggravata dal prolungato contenimento della spesa pubblica e dall’inflazione, che ha colpito in modo più marcato le categorie con salari medio-bassi.

Secondo i dati Istat, nel secondo trimestre del 2025 le retribuzioni contrattuali sono aumentate del 3,5% rispetto all’anno precedente, ma restano circa il 9% inferiori ai livelli reali del 2021. L’incremento nominale non compensa l’aumento dei prezzi di beni e servizi essenziali, incidendo in modo particolare sul reddito disponibile degli insegnanti.

A questi elementi economici si aggiunge una componente culturale: il lavoro educativo è spesso percepito come una vocazione più che come una professione qualificata. Questa visione ha contribuito nel tempo a ridurre il riconoscimento sociale della categoria e a giustificare, di fatto, livelli retributivi inferiori rispetto ad altri comparti della pubblica amministrazione, come sanità o forze armate.

Il problema, quindi, non riguarda solo la condizione economica individuale, ma il valore attribuito al sapere e alla formazione nella società. Senza un adeguato riconoscimento economico del ruolo docente, la scuola rischia di perdere attrattività e di compromettere la qualità del sistema educativo nel lungo periodo. Un aumento delle retribuzioni non sarebbe solo una misura di equità salariale, ma anche un investimento strategico per la competitività e la coesione del Paese.

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