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Economia
08 Novembre 2025 - 16:30
Il Piemonte non è ancora in emergenza, ma le crepe nel sistema occupazionale e previdenziale iniziano a farsi vedere. Secondo i dati dell’Ufficio Studi della Cgia, nel 2024 la regione registra ancora un saldo positivo tra occupati e pensioni (+122.377), ma tre province hanno già superato la soglia critica: Biella, Alessandria e Vercelli.
In queste aree il numero di pensionati ha superato quello dei lavoratori attivi, segnalando un lento ma costante invecchiamento della forza lavoro e un’erosione della base produttiva.
Nel dettaglio:
Biella: -9.341 (più pensioni che occupati)
Vercelli: -7.068
Alessandria: -6.443
Questi territori, un tempo cuore manifatturiero e agricolo del Piemonte, oggi devono fare i conti con spopolamento, calo occupazionale e invecchiamento demografico. Gli analisti collegano il fenomeno alla trasformazione economica della regione, incapace di sostituire la perdita dell’industria tradizionale con settori produttivi ad alto valore aggiunto.
La Città Metropolitana di Torino mantiene ancora un saldo positivo: 959.476 lavoratori attivi contro 864.550 pensioni, con un margine di +94.926. Un equilibrio favorevole, ma in progressivo assottigliamento.
Altre province in positivo, ma con margini ridotti:
Cuneo: +28.199
Novara: +15.112
Asti: +3.603
Verbano-Cusio-Ossola: +3.388
Il quadro mostra un Piemonte a due velocità: da una parte Torino metropolitana, con un’economia diversificata e un tessuto industriale solido; dall’altra le aree periferiche, più fragili e penalizzate dal calo demografico.
Alla base della situazione ci sono denatalità, emigrazione giovanile e lavoro irregolare. L’Istat stima che nel 2023 oltre 120.000 persone lavorassero in nero in Piemonte, riducendo ulteriormente il numero dei contribuenti effettivi.
L’indice di anzianità della forza lavoro piemontese è superiore alla media nazionale (65,2). Nel settore privato, il rapporto tra over 55 e under 35 cresce di anno in anno, segnando un ricambio generazionale sempre più debole. Le imprese faticano a trovare manodopera qualificata e la prospettiva di 3 milioni di uscite dal mercato del lavoro in Italia entro il 2029 rischia di aggravare la situazione.
Se la tendenza non verrà invertita, il Piemonte potrebbe ritrovarsi presto con più pensioni che stipendi anche nelle province oggi ancora in attivo. La Cgia invita a rafforzare le politiche per l’occupazione giovanile e femminile, promuovere formazione professionale e innovazione e sostenere le imprese locali per rilanciare la produttività.
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