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I vip di una volta a Torino
23 Maggio 2023 - 13:00
Carlo Goldoni
Torino non è una città celebre per la sua vocazione teatrale. Eppure, nel Settecento, essa ospitava grandi autori ed interpreti. Una menzione particolare merita Carlo Goldoni, il geniale scrittore di commedie nato a Venezia nel 1707.
Scrisse, a tal proposito: «Nacqui a Venezia, l’anno 1707, in grande e bella abitazione, situata tra il ponte di Nomboli e quello di Donna-Onesta, al canto di via di Cà cent’anni, nella parrocchia di San Tommaso. Giulio Goldoni, mio padre, era nato nella medesima città: tutta la sua famiglia però era di Modena».
La statua di Goldoni a Venezia
Fu un uomo di cultura, profondamente amante dei libri e dello spettacolo: «Amavo molto i libri; apprendevo con facilità la grammatica, i principi della geografia e quelli dell’aritmetica; ma la mia lettura preferita era quella degli autori comici.
Ce n’erano non pochi nella piccola biblioteca di mio padre; appena libero, li leggevo, e copiavo i passi che più mi divertivano. Mia madre, purché non mi perdessi in trastulli infantili, non badava alla scelta delle mie letture».
Goldoni innovò il teatro e riformò la commedia: obbligò gli attori a riferirsi a un testo scritto, evitando il vecchio concetto della recita a canovaccio. Inoltre, rinunciò alle facili battute ed agli stereotipici della Commedia dell’Arte ed eliminò gradualmente le maschere, che contraddistinguevano il teatro popolare italiano.
Certo, mantenne i personaggi di Brighella, Arlecchino e Pantalone, ma calati in contesti più credibili e senza i soliti cliché. Insomma, Goldoni conferì alle maschere un’individualità sempre più marcata, trasformando la Commedia dell’Arte in “commedia di carattere”.
Molto breve, ma intenso, fu il suo soggiorno torinese. «Finalmente partitomi da Venezia e giunto in Milano, quivi mi soprattenni quindici giorni, per ristorarmi alquanto delle passate fatiche, facendo la più lieta e la più deliziosa vita che mai far potessi; e di là poi pervenuto in Torino, che è quanto dire, nella più bella città che vedessi mai, eccomi ritornato a’ miei primi lavori», scrisse il Goldoni allo stampatore Antonio Bettinelli, da Torino, il 24 aprile 1751.
Bettinelli curò la prima edizione delle opere del commediografo veneziano (o, come egli ebbe a dire, del «mio teatro»), pubblicata proprio a Venezia nel 1751. Testimonianza del passaggio torinese di Goldoni fu Il Molière, un’opera in versi martelliani (di gusto francese, come il nome lascia intuire) realizzata appositamente per il pubblico della capitale sarda. In esso, gli spettatori più accorti potevano intuire riferimenti a personaggi reali.
Fu rappresentata nell’estate 1751 al teatro Carignano di Torino. L’autore non la vide rappresentata, perché in quel momento si trovava a Genova; ma, poiché gli sembrò un’opera ben riuscita, ne organizzò una rappresentazione a Venezia nell’autunno. Non fu però un successo ed oggi è considerata un testo minore.
Va detto che i lavori di Goldoni erano spesso sempre legati a precise occasioni teatrali e tenevano conto delle esigenze degli attori, delle compagnie, addirittura dei teatri a cui era destinata la loro prima rappresentazione. Anche per questo il successo o l’insuccesso erano talvolta indipendenti dalla commedia in sé.
Di certo, la critica in Italia si accanì contro Goldoni, accusato dal conte Carlo Gozzi - il più accanito dei suoi detrattori - di aver messo in scena situazioni non credibili e anche sediziose, poiché la nobiltà non faceva una bella figura. A Torino, però, la critica fu meno accanita contro Goldoni, comunque un autore “straniero”, natio della Repubblica di Venezia.
Il soggiorno del commediografo passò anzi in secondo piano. Peccato, perché Torino rimase nel suo cuore, ed alcuni personaggi delle commedie goldoniane (come ad esempio nel famoso Arlecchino servitore di due padroni) si parla, anche se di sfuggita, della capitale sabauda.
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