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IL CASO

Ucciso per "liberarlo dal demonio": a processo l'imam, l'ex moglie e il fratello della vittima

Rinvio a giudizio per i tre imputati, che adesso rischiano l'ergastolo

Ucciso per essere "liberato dal demonio": il processo per la morte di Khalid Lakhrouti

Abdelrhani Lakhrouti, imam e zio della vittima

Il 24 aprile, davanti alla Corte d'Assise di Ivrea, si aprirà il processo per la morte di Khalid Lakhrouti, 43enne originario del Marocco morto il 10 febbraio 2024 a Salassa, in seguito a un presunto "rito islamico" contro il demonio. 

I tre imputati, rinviati a giudizio dalla giudice Rossella Mastropietro, sono lo zio di Khalid, Abdelrhani Lakhrouti (52 anni), che si proclamava imam della comunità islamica di Cuorgnè; il fratello della vittima, Nourddine Lakhrouti (45 anni); l'ex moglie di Khalid, Sara Kharmiz (34 anni). Tutti sono accusati di omicidio volontario.

La morte

Khalid Lakhrouti è morto soffocato perché gli è finito in gola il bottone di una maglia (marchio Guess), che gli era stata premuta su naso, occhi e bocca. Prima dell'evento, la vittima era in uno stato di delirio, convinto che la moglie e i figli fossero posseduti dal demonio.

Il rito, organizzato per liberarlo da questa presunta possessione, è finito tragicamente. Poi i familiari hanno chiamato il 112, affermando che Khalid si era sentito male e che faceva uso di cocaina. Tuttavia, l'autopsia ha rivelato segni di legature ai polsi e alle caviglie, oltre al bottone in gola. Le intercettazioni telefoniche hanno mostrato conversazioni tra gli imputati, in cui discutono di possibili segni di legature e suggeriscono di giustificarli con l'aggressività della vittima. 

«Scommetti che troveranno i segni delle legature alle mani e ai piedi?», ha detto l'imam durante una conversazione registrata con la ex moglie della vittima.

In un’altra conversazione in auto, la guida spirituale e il fratello di Khalid hanno detto: «Non finisce mai questa storia? Continuano a chiamarci. Forse è meglio spegnere il telefono e basta». L’imam suggeriva: «Se ti contestano i segni a mani e piedi, digli che era aggressivo e che hai dovuto fermarlo con la forza». 

Ora i tre imputati rischiano l'ergastolo. Per evitarlo, le difese hanno tentato di sostenere la tesi dell'omicidio colposo o preterintenzionale ma le prove raccolte sembrano indicare una responsabilità più grave. I figli e il nipote di Khalid Lakhrouti si sono costituiti parte civile nel processo.

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