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Il caso
04 Marzo 2025 - 09:15
Lo Stato non paga e gli insegnanti fanno ricorso al Tribunale del lavoro. Vincono le cause e lo Stato continua a non pagare. Allora professori e maestri devono rivolgersi al Tar per assicurarsi di ricevere quei "benedetti" 500 euro della Carta del docente: è il circolo vizioso cui sono costrette migliaia di persone in tutta Italia, 887 solo in Piemonte nel 2024. E nel ‘25 sono già 261 su 450 ricorsi, più della metà del totale (sempre in Piemonte). Una situazione esplosa lo scorso anno, tanto da spingere il presidente del Tribunale amministrativo regionale a lanciare un appello durante l'inaugurazione dell'anno giudiziario di questa mattina: «È un gravissimo problema dovuto a una sorta di disfunzione a catena - riflette Raffaele Prosperi nell'Aula Magna della Cavallerizza a Torino - Pur non essendo sentenze complesse ma pronunce "a stampone", è un numero del tutto insopportabile per il nostro ufficio. Serve una presa di coscienza, con una diversa formazione delle voci retributive all'interno del contratto oppure un provvedimento normativo che risolva la questione una volta per tutte». Perché, secondo il giudice, l'attuale situazione non significa «rendere giustizia ma solamente intasare un Tribunale».
La vicenda è nota ed era già stata trattata da TorinoCronaca la scorsa estate. Proviamo a ricapitolare: il punto di partenza è la cosiddetta Carta del docente, Bonus di 500 euro l’anno per la formazione, quindi utilizzabile per acquistare libri e riviste, entrare in musei, teatri e cinema, iscriversi a corsi di laurea, master universitari e attività di aggiornamento. Il Ministero aveva stabilito che solo gli insegnanti di ruolo abbiano diritto a questa “tessera” aggiuntiva. Peccato che due anni fa la Corte di giustizia europea abbia giudicato discriminatoria la mancata attribuzione del Bonus ai docenti con un contratto a tempo determinato. In altre parole, venivano penalizzati i precari assunti di anno in anno, spesso con l’estate passata da disoccupati.
Da quel momento è partita una pioggia di migliaia di ricorsi ai Tribunali del lavoro, sostenuti dalla sentenza della Corte di giustizia europea e da ottobre '23 anche dalla Corte di Cassazione (buona parte con l'assistenza degli avvocati dell'associazione Anief, Giovanni Rinaldi, Nicola Zampieri, Fabio Ganci e Walter Miceli). Cui devono aggiungersi le cause proposte da tanti altri avvocati. Però solo alcuni docenti hanno ricevuto quanto previsto, visto che il Ministero non sta pagando tutti come imposto dalla Corte europea, dalla Suprema Corte italiana e dai giudici locali.
Basta leggere le ultime sentenze del Tar per capire la dimensione di un fenomeno dai contorni assurdi: il Tribunale amministrativo regionale, quello chiamato a dirimere i contenziosi con la pubblica amministrazione, è ora subissato di ricorsi di docenti che mesi fa hanno vinto i processi nei tribunali ordinari (si parla anche di un anno e mezzo di attesa). Come segnalato dal presidente Prosperi nella sua relazione, 887 ricorsi su 1.969 del 2024 sono legati alla Carta del Docente, pari al 45% del totale. E in questi primi due mesi abbondanti del ‘25 sta andando ancora peggio, con oltre metà dei ricorsi legati al tema della Carta del docente.
Ovviamente anche i giudici amministrativi stanno dando ragione agli insegnanti: tutte le sentenze intimano al Ministero di pagare e lo condannano a rimborsare pure le spese legali. In pratica, i docenti ricevono il dovuto ma i contribuenti ci devono aggiungere anche la parcella dell’avvocato. E solo perché non si è ottemperato a sentenze emesse mesi e mesi prima: si parla di milioni di euro di spese che lo Stato potrebbe evitare. E che ora potrebbero finire nel mirino della Corte dei Conti, anche perché le cause non si fermeranno: la legge anti-infrazioni dell’anno scorso avrebbe dovuto risolvere il problema ma il Governo ha finanziato il Bonus solo per i docenti di ruolo con contratto fino al 31 agosto, “dimenticando” i precari in scadenza al 30 giugno. Che, secondo le sentenze, ne hanno diritto come tutti gli altri. Da qui l'appello del presidente del Tar di questa mattina.
Anche perché c’è una beffa ulteriore in questo pasticcio burocratico all’italiana: nelle sue centinaia di sentenze, il Tar del Piemonte impone di versare il Bonus ai docenti «entro il termine di 60 giorni». Altrimenti? «Si deve nominare un Commissario ad acta» fra i funzionari del Ministero dell’Istruzione «per sostituire l’amministrazione inadempiente». In questo caso, al Commissario «spetterà il compenso forfettario da liquidare con un separato decreto, a carico del Ministero dell’Istruzione e del Merito». Tradotto: se i funzionari non pagano in tempo i docenti, uno di loro diventa Commissario, procede a fare il versamento con i fondi ministeriali e poi riceve un bonus. E probabilmente gli arriverà in busta paga ben prima rispetto agli insegnanti.
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