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I medici di famiglia sono sempre meno: «In Piemonte ne mancano 431»

Gli anziani vanno in pensione e i giovani non vogliono fare questo lavoro: in due anni la carenza di medici di famiglia è aumentata del 50%

I medici di famiglia sono sempre meno: «In Piemonte ne mancano 431»

I medici di famiglia sono sempre meno: «In Piemonte ne mancano 431»

In Piemonte mancano centinaia di medici di famiglia e il problema rischia di peggiorare ancora con il passare del tempo perché i dottori interessati a intraprendere questa strada sono sempre meno.

L’allarme arriva dalla Fondazione Gimbe, che ha analizzato la situazione dei medici di medicina generale italiana, con un focus su ogni regione. E i dati che arrivano dal Piemonte non sono di certo entusiasmanti: secondo la stima Gimbe, che ha tenuto in considerazione il rapporto ottimale pari a un dottore ogni 1.200 assistiti, al 1° gennaio 2024 in regione mancano 431 medici di medicina generale. Per capire meglio l’entità del problema, basti pensare che la stessa Fondazione Gimbe a inizio 2023 aveva quantificato la carenza di medici in 296. In due anni, quindi, il numero è aumentato di poco meno del 50%.

Oggi, in Piemonte, il massimale di 1.500 assistiti viene superato dal 54,1% del totale dei medici di medicina generale della regione - contro una media nazionale pari al 51,7% - e il numero medio di assistiti è pari a 1.392 per ogni medico (media nazionale 1.374). La stima del Gimbe di 431 medici mancanti è basata sul rapporto ottimale di un medico ogni 1.200 assistiti.
Ma come mai in appena due anni la carenza è salita del 50%? Una risposta la fornisce lo stesso Gimbe: «Nel 2024 i partecipanti per il Piemonte al concorso nazionale per il corso di formazione specifica in Medicina Generale sono stati inferiori ai posti disponibili: -41 candidati (-24%) rispetto alle borse finanziate. La media in Italia è stata del -15%». Insomma, sono pochi i laureati in medicina intenzionati a intraprendere questo tipo di carriera e, come se non bastasse, non tutti ci riescono: circa il 20% di chi inizia il corso, in realtà non lo porta a termine. Come se non bastasse, in Italia tra il 2024 e il 2027 ben 7.345 medici raggiungeranno il limite di età per la pensione fissato a 70 anni, deroghe a parte.

Un problema che quindi non è solo piemontese, visto che in tutta Italia mancano oltre 5.500 medici di medicina generale e sempre più cittadini faticano a trovare un medico di famiglia, soprattutto nelle grandi Regioni. «A fronte di migliaia di pensionamenti - spiegano dalla Fondazione - il numero di giovani medici che scelgono questa professione continua a diminuire». Ad acuire il problema, il fatto che allo stesso tempo la popolazione è sempre più anziana (e di conseguenza più bisognosa di assistenza medica): nel 2023 gli over 65 erano oltre 14,2 milioni, di cui più della metà affetti da due o più malattie croniche. «Intanto - è la nota critica del Gimbe - la politica propone la dipendenza dei medici di famiglia come soluzione, senza alcuna valutazione d’impatto economico, contributivo, organizzativo e professionale».

«L’allarme sulla carenza dei medici di medicina generale - afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe - riguarda ormai tutte le Regioni e affonda le radici in una programmazione inadeguata, che non ha garantito il ricambio generazionale in relazione ai pensionamenti attesi. Negli ultimi anni poi la professione ha perso sempre più attrattività, rendendo oggi spesso difficile per i cittadini trovare un medico vicino a casa, con conseguenti disagi e rischi per la salute, soprattutto per anziani e persone fragili». All’orizzonte poi si prospetta un ulteriore problema: «I criteri per definire il numero massimo di assistiti - spiega Cartabellotta - non hanno mai considerato l’evoluzione demografica degli ultimi 40 anni, né oggi tengono presenti le proiezioni per il prossimo decennio». Infatti, secondo le previsioni Istat per il 2034, gli over 65 rappresenteranno il 29,4% della popolazione (17,04 milioni) e gli over 80 saliranno al 9,1% (5,28 milioni). «L’invecchiamento della popolazione e l’aumento delle patologie croniche richiedono maggiori bisogni clinico-assistenziali e impongono ai medici un carico di lavoro sempre più elevato, con un impatto negativo sulla qualità dell’assistenza».

Il problema ovviamente non è nuovo, anche se in costante peggioramento. Da anni è noto e si cerca una soluzione. La risposta trovata dalla politica è quella di una riforma radicale. Governo e Regioni concordano sulla necessità di passare dal rapporto di convenzione a quello di dipendenza per i medici di medicina generale, con l’obiettivo primario di garantirne la presenza nelle Case di Comunità e negli altri servizi delle Asl. Ma anche questo non convince del tutto. «Non è stata condotta alcuna valutazione di impatto - è la critica di Cartabellotta - che dimostri l’efficacia di questa soluzione: un’analisi approfondita dovrebbe considerare gli effetti economici, contributivi, organizzativi e professionali di una riforma di tale portata».
Se il futuro resta quindi un’incognita, al momento almeno una cosa appare sicura: «Se la professione continuerà a perdere appeal, il rischio concreto è lasciare milioni di persone senza medico di famiglia, peggiorare la qualità dell’assistenza territoriale e compromettere la salute delle persone, soprattutto dei più anziani e fragili».

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