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Il collezionista folle
09 Marzo 2025 - 07:17
L’Autoritratto di Mario Schifano
PROLOGO
Collezionare storie è un’arte sopraffina, ben più complessa della filatelia o del culto delle ceramiche d’epoca. Serve intuito, tempismo e una buona dose di predisposizione al paradosso. Perché diciamocelo: nulla è più imprevedibile della realtà, specialmente quando si diverte a giocare con le nostre certezze. E se c’è un uomo che lo sa bene, quello è il nostro Collezionista Folle, che tra cimeli e incontri dal sapore esoterico si muove come un rabdomante dello straordinario. Non stupisce che il destino abbia deciso di fargli l’ennesima sorpresa, incartata con la carta pregiata dell’incredulità e sigillata con la ceralacca dell’assurdo. E lui, come sempre, non si tira indietro. Si ferma, scruta e lascia che il passato gli strizzi l’occhio con la faccia di un amico di trent’anni prima.
Non che il nostro collezionista creda troppo alla casualità. Certe coincidenze hanno il retrogusto della sceneggiatura scritta da un’entità che si diverte a mescolare il mazzo con fine ironia.
E quando un nome riecheggia dal passato, quando il volto di un vecchio amico si materializza tra i portici di via Roma come un’apparizione ben calibrata, il confine tra realtà e soprannaturale si fa evanescente. Che sia un gioco del destino o un’eco proveniente dall’aldilà, poco importa: l’impossibile si è compiuto. Non resta che stringere la mano al mistero, fissare negli occhi l’incredibile e accettare che, a volte, l’arte non muore mai. Soprattutto quando porta il nome di Mario Schifano.
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QUA LA MANO MARIO SCHIFANO
Qualche anno fa…. vi sembrerà strano che capitino tutte a me, forse perché da lassù qualcuno ama mettermi alla prova a meno che io non sia la prova che si voglia dare della esistenza di un mondo superiore che governi quello inferiore. Gli eventi casuali sarebbero davvero casuali? Oppure sarebbe la mia fantasia inconscia a farmi vedere ed interagire con un mondo irreale, dove lo spirito vada in vacanza e si abbeveri alle magiche cascate dell’Eden? Difficile a raccontarsi come una sottile agitazione faccia balenare alla mente cosciente un’idea anticipatrice del conseguente accadimento. «Ecco che sta per succedere…» ti viene da pensare, e già pregusti un lieto incontro senza sapere con chi e dove. Cammini sopra pensiero, divaghi con la mente e vai lontano con un ricordo senza che nulla accada. Poi odi una voce che pronuncia il tuo nome in modo incerto, insicuro..
La sua voce squarcia il passato, ti fermi come un cane da caccia in ferma, ti volti lentamente quasi per sbirciare chi sia ad insistere a chiamarti per nome. Che sia lui?
Sorride e ti guarda.
E proprio lui che incamminandosi sul ponte del Po, mi disse «Allora ciao Umby, arrivederci a presto!» almeno 30 anni fa.
Tempo al tempo, inesorabilmente trascorso sempre più veloce, avevo allora circa 50 anni, oggi il divino cronografo segna quasi 80 anni e nulla appare cambiato salvo le insegne su alcuni negozi e la gente che cammina e ti viene incontro sotto i portici di via Roma. Volti cupi e sconosciuti, corpi di altre etnie, pochi belli, molti brutti e più lo sono più ti infastidiscono.
Io lo osservo per bene attraverso le lenti e non ho dubbi. É proprio come se fosse quel giorno lontano, forse leggermente adeguatosi a due taglie in più al contrario di me oramai di due taglie in meno. La stretta di mano è la stessa, ferma e solida. Il suo aspetto curato ispira fiducia. Capisco il perché : sarà il caso ma noto che assomiglia maledettamente ad un artista ch’io conobbi solo in fotografia: «Ciao Mario, che piacere rivederti. Stavo per scambiarti per Mario Schifano, un artista di cui posseggo un suo autoritratto…».
«Davvero ?» mi rispose sorridendo e aggiunse piano affinché nessuno sentisse: «Se ti facesse piacere potrei autenticarti il dipinto».
«Me lo sentivo, scherzi a parte...» aggiunsi abbracciandolo con vigore. «Mario…. qua la mano!».
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