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Crisi dei lavoratori

La chiusura degli stabilimenti in Piemonte: sfiducia nel rilancio e sviluppo

"Non solo danni economici e psicologici, ma anche una sfiducia nei confronti delle possibilità di rilancio e sviluppo"

La chiusura degli stabilimenti in Piemonte: un doppio danno ai lavoratori

Tavola rotonda dell'evento di oggi a Torino

Le chiusure degli stabilimenti di Lear Corporation e Te Connectivity in Piemonte non solo svuotano le tasche dei lavoratori, ma minano profondamente anche il loro benessere psicologico e sociale. Un’analisi innovativa presentata oggi a Torino, condotta da Cgil, Fiom e CeVis, ha rivelato l’impatto devastante di queste crisi industriali, che non si limitano alla perdita di posti di lavoro, ma innescano un circolo vizioso di difficoltà economiche, sfiducia nel sistema produttivo e gravi ripercussioni sulla salute psicofisica delle persone coinvolte. La ricerca, finanziata dalla Camera di Commercio di Torino, getta luce su come la fine di queste attività industriali possa segnare un lento depauperamento delle risorse sociali ed economiche del territorio.

Secondo il rapporto, per i lavoratori coinvolti, le principali aree di impatto riguardano lo status e la capacità economica, la salute psicofisica, il capitale relazionale e la coesione sociale, con effetti diretti sulla fiducia nel sistema produttivo e nelle istituzioni. La perdita del lavoro, infatti, ha avuto un forte impatto negativo non solo sulle finanze, ma anche sul benessere psicologico e sulle dinamiche familiari.

Federico Bellono, segretario generale della Cgil Torino, ha sottolineato l'importanza della ricerca: "Le crisi di Lear e Te hanno dimostrato quanto gli effetti generati su lavoratori e lavoratrici siano una conseguenza di azioni e reazioni che coinvolgono diversi attori all’interno di un territorio. Questo studio, che analizza l’impatto sociale, è una sperimentazione che può diventare uno strumento utile per l’azione sindacale, per affrontare con maggiore consapevolezza le difficoltà che le crisi industriali impongono.”

La ricerca ha anche esaminato le ripercussioni sugli stakeholder esterni, come l'indotto locale, il mercato del lavoro e le istituzioni. I risultati hanno evidenziato che, oltre alle difficoltà immediate, ci sono anche opportunità di intervento, come percorsi di riqualificazione professionale e incentivi alla riconversione produttiva.

Marella Caramazza, direttore strategico del CeVis, ha commentato: “Attraverso un metodo innovativo di ricerca, abbiamo costruito un modello per misurare l’impatto negativo della chiusura di uno stabilimento industriale. I dati raccolti hanno evidenziato non solo danni economici e psicologici, ma anche una crescente sfiducia nei confronti delle possibilità di rilancio e sviluppo. Questo porta a un depauperamento delle risorse del sistema, rendendo urgente un cambiamento nella gestione delle crisi industriali.”

Il cambiamento di paradigma proposto dalla ricerca suggerisce di passare da un approccio emergenziale a uno preventivo, con un maggiore dialogo tra aziende, istituzioni e comunità, per mitigare gli impatti negativi e favorire una transizione più sostenibile per lavoratori e territori.

Dario Gallina, presidente della Camera di Commercio di Torino, ha aggiunto: “Abbiamo accolto lo stimolo della Cgil a sperimentare la valutazione degli impatti sociali legati alle dismissioni industriali. Questo studio non è solo un’analisi, ma anche un modello che può essere replicato in altri casi simili, per gestire al meglio le crisi industriali e i loro effetti sul territorio.”

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