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La diplomazia del Generale

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Il generale Figliuolo affronta la quarta campagna contro il Covid, da stratega della comunicazione. Nessun allarme, lodi ai suoi colonnelli e una medaglia al valore per i piemontesi. Qui la guerra subdola, combattuta con una difesa a catenaccio fatta di vaccini a raffica e regole ferree, ha funzionato. Siamo “verdi”, e tra le regioni più protette in Europa. Con l’81 per cento di vaccinati con la seconda dose e in piena rincorsa (su preghiera del vice comandante Cirio) per la terza che si vorrebbe ampliare da subito anche ai 50/60enni. Senza ancora arruolare pure i bambini. Dunque quella che poteva essere l’occasione per gettare acqua sull’entusiasmo, citando l’ennesimo allarme dei possibili 15mila contagi al giorno a dicembre, è stata superata dall’analisi dei dati positivi. «Miriamo diritti al 90 per cento della copertura nazionale entro due mesi», ha detto Figliuolo, usando il metodo della persuasione verso quei 534mila che ancora rifiutano lo scudo della scienza. Non parla mai di No Vax, come a non riconoscere questo popolo ribelle che pure sabato gli ha lasciato sui muri di Torino una sorta di urlo di guerra mescolandosi agli anarchici nell’ennesimo corteo di protesta. Non concede appigli ai negazionisti e sembra scartare, almeno al momento, progetti come il lockdown per chi non ha il green pass, come accade da ieri in Austria. Con un se o con un ma. Già perché il generale, avvezzo all’ubbidienza, non si tirerà certo indietro di fronte a una decisione che potrebbe venire dal governo o dagli scienziati. Persuasione e prudenza, dunque. La campagna di autunno parte con questo slogan. Ma sotto il guanto di velluto si intravede la volontà ferrea di portare a termine il suo mandato di guerra al virus. I negazionisti sono avvisati. beppe.fossati@cronacaqui.it
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