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L'editoriale
29 Marzo 2023 - 06:00
La corona di Capitale dell’auto si è un po’ sbiadita dopo la fuga all’estero della Fiat dell’Avvocato, la grande moda e il suo circo mediatico degli stilisti è stata rapita già alla fine degli anni ‘70 grazie ai capitali lombardi e fiorentini, le produzioni cinematografiche abitano stabilmente a Roma e qui vengono solo se Film Commission trova capitali freschi. E ancora: il Salone dell’Auto diffuso è finito tra Milano e la Brianza, le vetture storiche di Automotoretrò hanno scelto Parma. Sono solo alcune delle ferite ancora aperte per la nostra città sempre più ultima capitale dell’impero, ove la politica non ha mai saputo proteggere quanto l’ingegno dei torinesi ha saputo costruire.
Storia vecchia, si dirà, scritta quando l’economia rispondeva ancora all’ardire degli imprenditori e non soggiaceva alle incursioni dei nuovi pirati. Storia che comunque si ripete, o tenta di farlo, anche su una delle più antiche istituzioni sabaude, ossia la Rai , con il suo centro di produzione carico di storia della nostra televisione, il “centro ricerche” e persino l’Auditorium, ossia il tempio della musica classica torinese. Milano e Roma si contendono il patrimonio e non esitano a gettare soldi nostri (ricordate il canone?) nel trasferire trasmissioni nate sotto la Mole e poi finite sotto il Pirellone a colpi di centinaia di migliaia euro come nel caso di “Stasera c’è Cattelan”. I sindacati gridano allo scippo, la Regione e il Comune chiedono un incontro all’Ad Rai Fuortes, entro le prossime settimane. Ma qualcuno sostiene che i giochi sono già fatti, anche sulla pelle di quasi un migliaio di maestranze. Resta da capire se la politica almeno una volta saprà dire no alla cupidigia delle fazioni romane e milanesi più abili ad appropriarsi dell’ingegno altrui che a creare qualcosa in proprio.
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