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La storia non insegna

Amianto, una bomba da disinnescare

Tante parole e processi, ma nulla di fatto: 4 siti su 5 sono ancora da bonificare

Pericolo amianto

Quando venne emanata, il 27 marzo 1992, la legge numero 257 fu presentata come una svolta storica. E in parte lo fu. Mai più amianto, si stabiliva, addirittura in anticipo rispetto alla messa al bando a livello europeo, che arrivò soltanto nel 2005. Da quel momento, produrre e utilizzare manufatti che lo contenevano, diventò illegale. Una vera e propria svolta, che però, come tante rivoluzioni, è rimasta incompiuta. Perché un conto è bloccare l’utilizzo futuro di una sostanza killer, un altro liberarsi della pesante eredità di un impiego massiccio, durato decenni.


 L’amianto, prima del ‘92, era stato messo ovunque. Nei tetti e nei muri, nelle case, nelle fabbriche, nelle scuole. Addirittura nei tubi dell’acqua. Persino i guanti che si usavano per non scottarsi al barbecue erano fatti d’amianto. E oggi? Dopo 31 anni, scopriamo che i siti contaminati censiti dal ministero dell’Ambiente, erano 49mila. E soltanto 10mila, quindi un po’ più di uno su cinque, sono stati bonificati.

Gli altri - come denunciano i famigliari dei morti, spiegando che la strage continua, anche se non se ne parla più - restano lì. Come bombe letali disseminate nelle città e nelle campagne, a rilasciare il loro veleno nell’aria. Insomma, la solita vergogna di una storia (tragica e dolorosa) da cui si è imparato nulla. Con migliaia di processi celebrati in nome di una giustizia che, in questo caso più che in altri, va ricercata oltre quanto stabilito in una sentenza. Giustizia, per le (poche) vittime superstiti e i tantissimi parenti di chi non c’è più, sarebbe ricordarsi dei loro drammi e fare ciò che serve - immediatamente - affinché ciò che hanno dovuto subire loro non accada più.

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