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Montesano, lo sbirro da film
28 Aprile 2023 - 06:00
Marcello Mastroianni nel film "La donna della domenica"
Il commissario è tornato in città. A trentatré anni dalla sua morte, in quella Bologna dove aveva concluso la carriera come Prefetto, e quasi cinquanta dall’uscita di quel film che lo aveva reso una leggenda in tutta Italia, Giuseppe Montesano, leggendario “sbirro” sotto la Mole, è di nuovo a Torino. L’altra mattina, con una cerimonia con tanto di guardia d’onore di agenti della Questura, le sue ceneri sono state tumulate al Cimitero Monumentale. Non un luogo casuale, visto che il suo alter ego cinematografico, assieme all’Anna Carla interpretata da Jacqueline Bisset, veniva da queste parti a cercare indizi sull’omicidio, a colpi di fallo di pietra, dell’architetto Garrone.
Enrico Maria Salerno nel film "Un uomo una città"
«In “La donna della domenica” gli autori si sono ispirati a lui e hanno affidato la parte a Marcello Mastroianni - raccontava tempo fa Adriana Di Lullo, sua moglie -. Un bellissimo film, ma Montesano lo rivedo di più in Enrico Maria Salerno in “Un uomo, una città”. L’attore aveva studiato Montesano in tutto, negli atteggiamenti, nella gestualità, nei toni e nel timbro della voce». Si intitolava “Il commissario di Torino” quel romanzo quasi contemporaneo a quello di Fruttero & Lucentini, ma dalla fortuna ben diversa, da cui era stato tratto il film con Enrico Maria Salerno, un film dalle mille particolarità, compresa quella di un Gipo Farassino nella parte di un poliziotto del sud e dunque doppiato. Sempre la signora Adriana, anni fa, aveva detto che lei e il marito si erano messi in fila, all’Ideal, per vedere quel film e nell’attesa qualcuno le aveva rubato il portafogli.
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Giuseppe Montesano, capo della Squadra Mobile a Torino negli anni 70
Occhiali scuri, cappotto di pelle, un mezzo sorriso, l’intuito leggendario: questo racconta chi Giuseppe Montesano l’ha conosciuto da vicino. Capo della Mobile in un’epoca difficile, tra gli attentati del terrorismo e i regolamenti di conti dei gruppi mafiosi, delitti terribili come quello della pizzeria Marechiaro dove un dirigente di polizia viene ucciso da un boss, solo perché l’aveva riconosciuto. Una Torino nera che più non si può, massacrata dalla povertà, dove le luci si spegnevano presto, altro che movida. Ma una città dall’intensa vita sotterranea, o almeno così ci ha fatto credere la premiata ditta F&L. Laureato in legge a vent’anni, divenuto uno dei commissari capo più giovani d’Italia proprio qui a Torino - tra i suoi casi più celebri, ovviamente, non si può dimenticare l’omicidio di Martine Beauregard -, a soli quarantanove anni era divenuto questore. Una carriera spesa in varie città, compresa la Palermo della lotta alla mafia e da cui viene allontanato, in un momento difficile, per una decisione frettolosa dell’allora ministro Scalfaro. «Un leale servitore dello Stato» in tutta Italia, ma senza più ritornare nella «sua» Torino. Ed è forse per questa ragione che la signora Adriana, che anni fa assieme a Milo Junini e Andrea Biscàro, scrisse il libro “Strada facendo” dedicato al commissario e che ha creato una sorta di «guardia della memoria», ha voluto che le ceneri tornassero qui. In attesa dell’intitolazione di uno spazio in città. Se non in Questura, magari al Balon, dove ancora si muove elegante Anna Carla, aspettando Mastroianni. O Montesano.
Adriana Di Lullo con le ceneri del marito e Andrea Biscàro
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