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Climate change
08 Luglio 2023 - 07:00
Prima era la siccità, ora la grandine. Non c’è pace per l’agricoltura piemontese. E per quanto i contadini siano da sempre abituati a pensare che nulla ti può proteggere dal maltempo, persino con un po’ di fatalismo, non è per niente facile affrontare mese dopo mese, stagione dopo stagione, i colpi inferti dal cambiamento climatico che pare aver preso il posto del destino. L’anno scorso, di questi tempi, nell’astigiano era tempo di raccolti - magri - anticipati e di paura per le vigne, con il sole che picchiava duro e l’acqua che scarseggiava. Si sono salvate, si fa per dire, zone dove il terreno argilloso conservava un minimo di umidità, ma salvarsi non basta in agricoltura. Anche la vendemmia era stata anticipata e, almeno dalle mie parti, ci si era persino meravigliati della qualità sia dell’uva sia poi del vino.
Anche adesso, dopo una grandinata devastante, c’è chi osserva le foglie strappate, i filari sconquassati, cercando di capire se le piante si sono salvate, se i grappoli hanno resistito: «Sapremo come è andata solo al momento della vendemmia, come al solito» lasciano intendere dal Consorzio del Barbaresco. Sì, questa è la realtà: i conti si fanno stagione per stagione e solo nel momento esatto. Diverso per i coltivatori di nocciole: quelle ancora verdi sono state buttate a terra senza pietà, le piante più giovani sono state spezzate. La devastazione dei campi si ripercuote sull’intera filiera, fino ai supermercati, alle nostre tavole. È un conto che paghiamo tutti. La politica discute se esista o meno il cambiamento climatico - chiedete a un contadino, vi darà lui la risposta - forse perché è più facile che mettere in campo interventi organici autentici, “piani industriali” verrebbe da dire, per il settore più importante e più fragile della nostra economia.
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