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IL BORGHESE

Il Salone immaginario

Leggi il commento del direttore Beppe Fossati

Il Salone immaginario

Il Salone immaginario

Non vorrei apparire un menagramo e tantomeno nel giorno della conferenza stampa di presentazione del Salone del libro, ma siamo sicuri che Torino sia all’altezza di questa manifestazione che tutta Italia ci invidia? I motivi della mia riflessione sono molteplici a cominciare dal fatto che è in scadenza il contratto tra la Città e Lingotto Fiere che la ospita.

Dunque, la manifestazione dovrà trovare un’altra location degna di accoglierla, come ha fatto intendere il presidente Silvio Viale, e chiedersi quale sarà non è una curiosità peregrina. Sapremo trattenerla con il giusto riguardo (magari sempre al Lingotto) ma investendo il giusto per offrirle una cornice degna?


Oppure qualcuno nelle segrete stanze ha una carta segreta per inventarsi un palcoscenico nuovo? Fallito il progetto Westinghouse, inutilizzabile il Palazzo del Lavoro serve fantasia. E c’è chi guarda alla Nuova Biblioteca Centrale del Valentino dopo che in cima all’ingresso è comparso il logo del Salone del Libro. Ma qui il tempo è tiranno: occorrono almeno due anni per averla a disposizione. Come se non bastasse ad ogni grande occasione sportiva o culturale riemerge un provincialismo che non va a braccetto con il turismo.

Mezzi pubblici insufficienti, metro con orari ridicoli, e soprattutto un legame fievole con l’ accoglienza. Prezzi gonfiati negli alberghi, ristoranti che chiudono la cucina dopo i tiggi, e scarsa attenzione ai pendolari (milnesi compresi). Silvio Viale per il suo Salone chiede aiuto alla città. Perchè - mi permetto di suggerire - se vince il Salone, vinciamo tutti. Specie in una città che vuole fare delle fiere e del turismo non solo una bandiera ma una grande opportunità economica.

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