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Il Borghese
20 Febbraio 2024 - 18:10
Stellantis dice che «Torino sarà sempre la casa della 500». Una risposta alle voci inquietanti dei giorni scorsi che davano la piccola elettrica via da Mirafiori. Perché il fatto è che l’attuale 500 non è prodotta su piattaforma STLA come le altre elettriche del gruppo. Per aumentare la produzione, e rendere la 500e all’altezza della concorrenza, occorre portare quella piattaforma anche a Mirafiori (e fermare lo stabilimento per il tempo necessario).
Il destino di Mirafiori, dunque, al di là degli incontri e delle note, qual è? Un aumento della produzione è possibile - e di quanto? - o tornerà lo spauracchio di un ridimensionamento, soprattutto se questo può essere una leva da usare nel braccio di ferro con il governo?
Sui destini dell’automotive e di Mirafiori abbiamo rivolto qualche domanda a Giuseppe Sabella, direttore di Oiknova, un think tank su lavoro e sviluppo nato dalle esperienze di Tiziano Treu e Marco Biagi.
Direttore Sabella, a cosa è destinata Mirafiori?
«Consideriamo intanto che a Mirafiori i volumi produttivi misurati nel 2023 si attestano attorno alle 86mila unità (-10% rispetto al 2022), di cui circa 77mila sono modelli 500 bev. La produzione di Maserati, che da dicembre 23 ha abbandonato la Quattroporte e la Ghibli, non raggiunge le 9mila unità mentre nel 2017 viaggiava attorno ai 55 mila volumi. Lo storico stabilimento della Fiat ha già subito un ridimensionamento. Il punto, semmai la produzione della 500 dovesse essere spostata, è capire ciò che attende Mirafiori. E, in questo momento, mi pare che non ci siano idee chiare»
Tavares ha sempre detto che Mirafiori ha un futuro, il Gruppo l'ha ribadito. I sindacati dicono che la soglia di sopravvivenza è di 200mila vetture. Le low cost di Leapmotor basterebbero?
«Credo che su Mirafiori vi sia un braccio di ferro: Tavares vorrebbe affidarlo alla produzione della Leapmotor ma a Palazzo Chigi non sono entusiasti di questa prospettiva. Per Giorgia Meloni, che intende introdurre in Italia un secondo costruttore, Leapmotor significherebbe cedere a quel mainstream dell’elettrico che ha sempre contrastato. E se pensiamo che a giugno ci sono le elezioni europee, è facile immaginare che l’operazione non è semplice. Diverso sarebbe portare in Italia un player come Toyota: anche la grande casa delle Tre ellissi produce auto elettriche - 6 dei 7 nuovi modelli destinati al mercato europeo sono elettrici - ma i suoi vertici insistono sulle tecnologie alternative. E, per Meloni, portare Toyota in Italia sarebbe un gran colpo».
Per John Elkann il futuro di Mirafiori è green: quindi, oltre al futuro campus di ricerca e formazione, è già stato avviato l’Hub dell’economia circolare. Ma non crede che, al momento, visto che l’obiettivo dichiarato di Stellantis è anche ridurre le emissioni, Mirafiori rischi di essere solo greenwashing?
«Per John Elkann, uomo più di finanza che di industria, “green” è quasi una parola d’ordine. Del resto, gli investimenti del grande capitale vanno in quella direzione: energia rinnovabile, economia circolare, auto elettriche, etc. Tutto questo, rispetto ai fossili, è certamente meno inquinante. Va verificato tuttavia l’effettivo impatto ambientale delle nuove tecnologie: per esempio, quanto costa, in termini ambientali, estrarre le “Terre Rare” oggi indispensabili per andare in questa direzione? E smaltire le batterie a fine ciclo? Questo non è un problema solo di Mirafiori. Nella fattispecie, sarei contento di sapere che per Mirafiori vi sono intenzioni serie per rilanciarne la produzione».
Proprio alla luce dell’obiettivo di diventare carbon free entro il 2030, è possibile che Stellantis riduca strategicamente la produzione in certi stabilimenti per rimanere nei limiti?
«Credo che verso la fine dell’anno, quando avremo la nuova Commissione Europea, cominceremo a vedere un’Europa che allenta la stretta su emissioni e Transizione verde. Ma il percorso è irreversibile, indietro non si torna. E, contrariamente a quello che si pensa per la maggiore, il dirigismo europeo non è un'ossessione dell'establishment di Bruxelles, ma è figlio delle spinte della grande industria europea i cui investimenti sul “green” sono ingenti. Non credo che Stellantis o Volkswagen allenteranno volutamente la loro produzione: il punto vero è se sapranno produrre ed essere competitive per il mercato».
Tornando alla sua analisi su cinesi o Toyota, l’ipotesi Leapmotor è un altro round di Tavares con il governo, un’altra leva per spingere l’esecutivo nella direzione voluta, quella di maggiori concessioni e incentivi?
«Sì, Tavares fa i suoi interessi. Per Stellantis, avviare una produzione di Leapmotor in Europa, in Italia o in Francia, può essere un buon affare. Credo che agitare dei pericoli produttivi e occupazionali per Mirafiori e Pomigliano sia un modo per tirare la corda e spingere il governo, come lei dice, nella direzione voluta. Ho la sensazione tuttavia che a Palazzo Chigi non cederanno, soprattutto perché realmente oggi ci sono le condizioni per portare un secondo costruttore nel nostro Paese».
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