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IL BORGHESE
07 Maggio 2024 - 06:30
Il ministro Giorgetti
Oggi, per la Fondazione Crt avrebbe dovuto essere una giornata importante. Anzi, il primo passo per mettere sul piatto la candidatura (anzi le candidature) per la poltrona del presidente. E c’era già un elenco da sottoporre al consiglio di indirizzo, appena rinnovato, con le immaginali spintarelle su Tizio o su Caio come se nulla nel frattempo fosse accaduto. Il potere, come si sa, fatica ad accettare consigli di prudenza, anche se sarebbe d’obbligo specie dopo l’intervento del Ministero dell’Economia. E, ancor più dopo la visita a Torino del ministro Giorgetti che – sicuramente – si è confrontato con il presidente della Regione Cirio, con il sindaco Lo Russo e con altri esponenti delle istituzioni. E le sue laconiche parole “Fin che non vedo le carte, non decido” dovrebbero consigliare almeno un po’ di diplomazia visto che la documentazione richiesta alla Fondazione non è stata presentata nei canonici 10 giorni, anzi, mestamente, il consiglio ha richiesto “una proroga” che non è dato di sapere quando scadrà.
Ma tanto per ripassare nomi, cognomi e attuali incarichi di chi aspira alla presidenza della Crt dopo le dimissioni spintanee di Fabrizio Pallenzona, ecco come si compone la rosa dei candidati: primus inter pares c’è l’ex rettore del Politecnico Guido Saracco, vero prezzemolino quando c’è un incarico in vista, poi il notaio Ganelli da sempre considerato vicino al sindaco Lo Russo, l’ex presidente della Regione Enzo Ghigo attuale presidente del Museo del Cinema, l’economista Pietro Garibaldi, l’imprenditrice dell’oro (a lei si deve il grande investimento di Cartier a Parco Dora). Nomi già scritti a cui si aggiunge quello di Anna Maria Poggi, sino a qualche giorno fa in corsa per l’incarico di direttrice del Dipartimento di Giurisprudenza. Vicina agli ambienti di Comunione e Liberazione, tendenzialmente un’indipendente nel centro sinistra con simpatie renziane, la Poggi potrebbe addirittura avere una doppia valenza in questo brutto pasticcio della Crt visto che non sarebbe neppure escluso l’incarico di commissario dell’ente qualora fosse questa la decisione finale del ministro Giorgetti.
In coda a questo elenco, va detto, c’è pure un non trascurabile gruppo di potere che starebbe sondando la possibilità di riportare sulla poltrona ambita della Crt l’ex presidente Giovanni Quaglia che Palenzona silurò insieme al segretario Massimo Lapucci.
Chi sa leggere i nomi nel contesto del mai sopito “Sistema Torino” comprende facilmente la prudenza del Ministero, specie in vista delle prossime elezioni regionali, con Alberto Cirio (FI) e di Stefano Lo Russo (PD) che secondo indiscrezioni avrebbero già stretto un patto con la Camera di Commercio per trovare un presidente super partes in grado di riportare l’azione della Fondazione in un alveo più territoriale con meno propensione alle partite finanziare e maggiore sostegno a Terzo settore, università, scuola e cultura. Va detto che in consiglio di indirizzo i due politici contano 5 consiglieri su 21 ma con gli enti camerali e università possono arrivare tranquillamente alla maggioranza.
Ma questo sarebbe il gioco senza l’oste che, non va dimenticato, è proprio Giorgetti con il suo Ministero. E allora chiediamoci su quale scacchiera si muove il dicastero dell’Economia che come ha scritto il 23 aprile scorso al presidente ad interim Maurizio Irrera, ai consiglieri del cda Caterina Bima, Davide Canavesio, Anna Maria Di Mascio, Marco Giovannini, Antonello Monti, al consiglio di indirizzo, insieme al collegio sindacale e all’organo di vigilanza, vuole un’informativa sui fatti, corredata dai verbali delle riunioni consiliari relative al siluramento del segretario generale Andrea Varese e soprattutto di quella del 22 aprile in cui, a seguito dell’abbandono della seduta da parte di Palenzona, alcuni consiglieri hanno proceduto alla spartingaia delle nomine in Ogr (Officine Grandi Riparazioni), Equiter e Ream. Il tutto condito da due esposti uno alla Procura di Roma e una a Torino come atto dovuto a seguito delle pesanti dichiarazioni dello stesso Palenzona che ha denunciato “ comportamenti degli organi sociali che hanno piegato a logiche spartitorie la gestione dell’ente volto invece all’aiuto filantropico, e al sostegno di iniziative economiche e sociali” e all’esistenza “di patti occulti tali da creare una fondazione nella Fondazione e alterare le dinamiche di funzionamento degli organi sociali stabilite dalla legge e dallo statuto”. Un vulnus all’immagine della Fondazione che Torino non si aspettava e che ovviamente lede non solo l’ente, ma l’intera comunità. A dire il vero, ammesso che in quelle riunioni si sia davvero verificata una rivolta contro Palenzona, c’è chi punta il dito contro le operazioni finanziarie del leader mettendo sotto la lente gli investimenti nella Banca del Fucino e nella vigna Enosis, lontane da Torino, oltre alla vendita dei titoli del Banco Bpm che ha comportato per la Fondazione la rinuncia al dividendo e, a causa dell’apprezzamento del titolo, una perdita di circa 45 milioni di euro.
Su questo e su altro ancora che non viene detto dovrà pronunciarsi il Ministero. Che può commissariare, oppure censurare alcuni comportamenti, senza passare al provvedimento più drastico che, come abbiamo già ricordato, stato adottato una sola nel 2018 a carico della Fondazione Banco di Napoli.
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