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Il Borghese
31 Dicembre 2025 - 05:50
Un 2025 che si chiude all’insegna della tensione, per Torino, per la vicenda Askatasuna e la “vendetta” dei militanti per lo sgombero. Una situazione in cui Torino deve registrare un fatto incontestabile: dal ministero sono riusciti in qualcosa che, per trent’anni, cinque sindaci, svariati questori, prefetti e procuratori della Repubblica, nessuno era riuscito (o aveva voluto) fare. Adesso, però, tocca a Torino non sottostare ai ricatti della violenza: lo faccia la Procura, lo faccia il Comune. Ché, se non è ancora chiaro, anche questa vicenda peserà sulla lunga campagna elettorale che ci aspetta nel 2026.
Il 2026, infatti, sarà per Torino sostanzialmente all’insegna di due fattori: la campagna elettorale (in qualche modo già iniziata) che porterà al voto del 2027 per l’elezione del nuovo sindaco; il futuro di Mirafiori, strettamente legato ai piani degli Agnelli/Elkann (e loro disavventure giudiziarie) prima ancora che di Stellantis e degli altri suoi azionisti.
Partiamo proprio da qui. A fine gennaio è attesa - è stata annunciata, con firma unitaria dei sindacati - la fine della cassa integrazione a Mirafiori, dopo diciannove anni ininterrotti di ammortizzatori sociali. Ci saranno anche assunzioni. Tutto in nome della Fiat 500 Hybrid, che dovrebbe scollinare in un paio d’anni le 100mila vetture prodotte. Si confida che, in casa Fiat e Stellantis, abbiano dati confortanti dalle ricerche di mercato...
E su questa Fiat, su quel «Torino è centrale per noi» pronunciato da John Elkann davanti a Mirafiori, il sindaco Lo Russo ha messo il cappello, assieme al governatore Cirio. Il piano per la 500 come frutto dell’impegno e della concordia istituzionale. Con l’augurio - a Torino e ai lavoratori - che non finisca come quello sciagurato “selfie” di Lo Russo (che reggeva il telefono) e Cirio con Tavares... Che non c’è più, ma chi ha dato certe direttive è ancora lì. Lo stesso che, mentre affronta le sue disavventure giudiziarie, dopo aver tentato di scamparla con i servizi sociali “addolciti”, sta disfandosi di grandi pezzi del patrimonio e della storia della sua Famiglia: Magneti Marelli, Comau, Iveco, i quotidiani del gruppo Gedi. Lascerà la (sempre più piccola) Fiat e la Juve?
Inutile parlare di aerospazio o turismo o terzo settore: il futuro prossimo di Torino è ancora legato a questa Fiat e la politica locale ci ha avvinghiato parte dei suoi destini, è chiaro. Ma come influirà sulla campagna elettorale che va a iniziare?
Perché questo è il secondo, fondamentale punto. O forse dovrei dire che è il primo, nel momento in cui consideriamo questo: Stefano Lo Russo è uscito vincitore da un ballottaggio dove ha votato poco più del 40% degli elettori, appena il 35% nelle periferie perse fra criminalità, maranza, povertà e curiosi progetti di rinascita urbanistica con coloratissime rambla. Detto in soldoni, significa che per la prima volta il centrodestra - che al momento sembra avere individuato in Maurizio Marrone il candidato ideale, ma attenzione alle scelte di Forza Italia - potrebbe vincere e tanti saluti al decantato “fortino di Asterix”, alibi più che forza di una compagine che insieme non può più stare - il ruolo della sinistra radicale è scomodo, ormai, per l’attuale giunta - e non trova un nuovo campo, che sia largo o stretto.
La domanda è: chi troverà il modo di parlare a quell’ampia fetta di Torino non vota, che non crede alle promesse, che si sente tagliata fuori?
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