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Il Borghese

Il Vaticano e il "socio" Lapo Elkann

La rivoluzione di Francesco su Ior e finanze vaticane frenata da scandali e nemici interni

Il Vaticano e il "socio" Lapo Elkann

Aveva «un freno all’interno del Vaticano» stesso, Papa Francesco. Lo dice don Luigi Ciotti, parlando del progetto di Bergoglio di colpire i mafiosi con il meccanismo della scomunica. Fu convocata addirittura una commissione di esperti, sul tema. Poi, come molte “rivoluzioni” bergoglione, tutto finì nel dimenticatoio. Come nella riforma delle finanze, nella “pulizia” dello Ior. Perché Francesco predicava una Chiesa con meno sfarzo - e si trasferiva a vivere a Santa Marta e girava in Fiat 500 - e auspicava «nuove forme di economia e finanza orientate al bene comune e rispettose della dignità umana». Lo scrisse in una lettera ai vertici di Intesa Sanpaolo. Ma qual è stata l’azione economica di Francesco?

È riuscito a portare il Vaticano fuori dalla blacklist in cui si trovano molti paradisi fiscali - ma non a inserirlo stabilimente nella whitelist dell’Unione Europea -, ha privato la Segreteria di Stato della sua disponibilità finanziaria - dopo la mal gestione di 600 milioni di euro costata processo e condanna, con degradazione, al cardinale Becciu che però, forse, sarà in Conclave -, ha abolito gli affitti “scontati” per i cardinali e nominato un laico di sua fiducia a direttore dello Ior, Gian Franco Mammì. Ma il percorso è stato complesso.

Proprio per ripulire e rendere trasparente o almeno meno "mondano" - a un certo punto la banca vaticana aveva azioni di Italia Independent, come se Francesco fosse stato socio di Lapo Elkann - lo Ior, Francesco aveva incaricato monsignor Ricca, finito nei guai con l’accusa di una relazione con un militare e tanto di fuga in Svizzera; aveva messo nella commissione per le finanze, la Cosea, monsignor Vallejo Balda e, ahilui, Immacolata Chaouqui, processati e condannati nello scandalo Vatileaks2. Il cardinale Pell fu nominato a capo della Segreteria per l’Economia e, in un amen, travolto da un processo per abusi sessuali, in Australia, da cui uscì scagionato. Nel frattempo, però, i nemici della riforma finanziaria bergogliana avevano fatto in tempo a salvare il salvabile. E lo Ior ha continuato a macinare i suoi utili e alimentare (anche) la cassa per le opere di carità del Pontefice (da tre milioni di euro in su ogni anno). Ché i pontefici passano, le banche restano (nota per gli ottimisti: nella commissione di vigilanza figura il cardinale Luis Antonio Tagle, che è fra i papabili).

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