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Il Borghese

Atp Finals 2027: Torino, ora fai come Sinner (o finiscono in Arabia)

Milano lancia la sfida: la partita degli sponsor, il ruolo del governo e l'importanza di un ecosistema adeguato

finals 2027, derby della reputazione tra torino e milano: tra politica, arene e sponsor

Negli ultimi giorni l’aria a Torino, dalle parti delle Atp Finals, è cambiata: non il ronzio di un tie-break, ma una tensione sottile, quasi elettrica. Da quando Milano ha sussurrato - neppure troppo piano - l’ambizione di portare a casa le ATP Finals dal 2027, è nato un derby della reputazione che attraversa politica, economia e identità urbana. E, anche se non lo avesse fatto, Torino ne avrebbe avuto paura lo stesso, perché è la sindrome del "ci portano via tutto" da cui non si libera. Beh, stavolta Torino dovrà rinunciare a essere provinciale, perché quella iniziata è una partita che si gioca fuori dal campo, ma che vale quanto un match point. E sarà pur vero che, ufficialmente, le Finals resteranno in Italia fino al 2030, ma un gioco a scannarsi fra due città non farebbe che aumentare il rischio di vederle filare in Arabia Saudita.

Torino e il modello che funziona
Torino, va detto, ha già parlato sul campo. E lo ha fatto con voce chiara, riuscendo a trasformare qualcosa che credeva esserle capitato addosso come "risarcimento" per le mancate Olimpiadi, qualcosa che aveva visto con sufficienza. Poi l'Inalpi Arena è diventata una cattedrale contemporanea del tennis: ha incorniciato i colpi di Novak Djokovic come opere in un museo sonoro, ha svelato e incoronato l'esplosione di Jannik Sinner trasformando l’evento in un format riconosciuto e riconoscibile. Il pubblico risponde, il turismo cresce, l’indotto segue. Non è solo una questione di atmosfera: c’è una macchina che funziona, oliata da sponsor solidi come Intesa Sanpaolo, Armani, Rolex, Valmora, Iren la cui governance è nelle mani di Palazzo Civico, con sullo sfondo il fondo Pif (attenzione: ne riparleremo) e sostenuta da un fronte istituzionale che negli anni ha imparato a parlarsi con pragmatismo. In una parola: know-how. Torino, insomma, le Finals le sa organizzare. Le ha organizzate, le sta organizzando, e potrebbe continuare a farlo anche dopo il 2026. Vuole farlo. Ovviamente, meglio.

Milano e la spinta delle Olimpiadi
Dall’altra parte c’è Milano, che nei grandi eventi non ama fare da comparsa. La città si sta muovendo da tempo con il passo di chi guarda oltre la curva. Le Olimpiadi invernali del 2026 sono già un biglietto da visita eloquente: cantieri, investimenti, una visione che intreccia sport, business e rigenerazione urbana. La nuova Arena Santa Giulia e i progetti infrastrutturali raccontano un ecosistema abituato a dialogare con capitali e sponsor internazionali.  Ma può bastare qualche seggiolino in più per orientare una decisione? Il sindaco Sala, sostenendo di "non averle in agenda" non affetta fair play ma ostenta la superiorità bauscia: se vogliamo, le prendiamo. Oppure, davvero, farebbe meglio a pensare ai problemi degli scandagli degli archistar... Il governatore Fontana, infatti, manco fa finta e dichiara che il dossier Finals può diventare l’ennesimo tassello di un mosaico che guarda al medio periodo, oltre il 2026, per consolidare un posizionamento globale.

Il governo cambia la partita
Fin qui, sarebbe un confronto tra impianti, numeri e ambizioni. Ma la trama si infittisce con l’ingresso di un attore politico: il Governo. Il Decreto Sport ridefinisce la governance dell’evento, prevedendo un coinvolgimento diretto di Sport e Salute e degli enti pubblici. Un passaggio che, per molti, non è solo formale. Per il presidente della FITP, Angelo Binaghi, è un campanello d’allarme: troppo controllo pubblico rischia di limitare l’agilità decisionale della Federazione, una risorsa cruciale in un mercato che corre veloce. Ma questa partita è troppo grande per lasciarla nelle mani di una federazione sportiva, con tutto il rispetto.

Le onde di questo intervento hanno raggiunto subito il Piemonte. La politica locale - da Cirio al sindaco Lo Russo - ha risposto compatta: Torino è la sede naturale, ha dimostrato concretezza, è pronta a investire ancora. Il confronto, a quel punto, si sposta su un piano più sottile: quello dell’equilibrio istituzionale, che attori politici saprebbero gestire meglio.

Il nodo vero: infrastrutture e sponsor
Dietro ogni retorica ci sono due parole che pesano più di tutte: infrastrutture e sponsor. Qui si gioca il discrimine. Torino può garantire un’arena collaudata e un contesto organizzativo esperto; Milano mette sul tavolo impianti nuovi, una rete logistica integrata con il mondo del business e una capacità relazionale che pochi hub europei possiedono.

C’è poi un tassello cruciale: la fine del titolo Nitto dopo il 2025. È un vuoto pesante, che non si colma da solo. Chi avrà la forza - e la visione - di legare il proprio brand all’evento più prestigioso dell’anno dopo gli Slam? Intesa Sanpaolo resta una colonna, certo, e conosce bene entrambe le città. Ma qui serve un colpo più ampio: un marchio globale capace di trasformare la candidatura in un racconto internazionale, di quelli che fanno la differenza nei board dove si decidono le rotte.

Attenzione però a Pif, il fondo sovrano dell'Araba Saudita con una potenza di fuoco impressionante. Chi saprà dialogare meglio con un soggetto simile? Pronto ad approfittare di uno scontro mal gestito politicamente che potrebbe indebolire persino la posizione dell'Italia? 

Perché Torino è avanti - E perché deve cambiare passo
La mappa è nitida: per quanto Milano sia affascinante, Torino parte davanti. Ha risultati, processi, credibilità. Ma il vantaggio va difeso con una strategia più politica che sportiva. Se vuole restare irrinunciabile dal 2027, Torino deve alzare l’asticella su quattro linee d’azione: investire su mobilità, accoglienza e logistica premium: il tennis contemporaneo è entertainment, marketing, business (e se non è chiaro quanto sia altospendente questo turismo, andare a controllare la fila allo store temporaneo di Emporio Armani al Village); trovare un nuovo title sponsor internazionale prima che scocchi l’ora X post-2025; rendere stabile la governance, evitando scosse e cortocircuiti istituzionali; rafforzare il racconto della città: le Finals come volano di economia, turismo e reputazione. Torino ha una storia credibile da offrire, costruita evento dopo evento. Milano ha un progetto da costruire, sostenuto da un calendario - le Olimpiadi invernali del 2026 - che ne amplifica la cassa di risonanza. È qui la differenza, ed è qui che si decide il punteggio. Nel momento che conta bisogna saper cambiare passo, ruotare appena il polso e cambiare il colpo, accelerare per alzare il livello del gioco. Sinner fa vedere come si fa. Torino faccia come lui.

Una posta oltre il campo
In questo confronto che si consuma molto prima di scendere in campo, il tempo è un alleato e un avversario. La decisione non arriverà domani, ma ogni settimana che passa definisce meglio i blocchi di potere, gli sponsor possibili, le alleanze utili.  Se Torino vuole tenersi strette le Finals dal 2027, dovrà mostrarsi non solo efficiente, ma imprescindibile

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