Giusy non è stata dimenticata. A un mese dalla sua morte, avvenuta in circostanze misteriose (la donna è stata uccisa con tre colpi di pistola), sulla sua tomba nel cimitero di Montanaro, ci sono fiori freschi e un peluche di Winnie the Pooh in sella a una bicicletta. Giuseppina Arena, infatti, si era presentata all’appuntamento con il tragico destino, proprio con la sua inseparabile due ruote. Oggi il killer della cantastorie ancora non è stato individuato e un’intera cittadina, Chivasso, continua a vivere nel terrore. «Quando esco di casa, mi guardo sempre intorno. Non sarei sincera se dicessi che non ho paura», spiega Laura Mosca, vicina e amica della vittima. Ed è proprio nel quartiere “Borgo Sud-Est” (la Coppina) della città dei nocciolini, che si starebbero concentrando le indagini. Infatti la pista “parentale” sarebbe venuta meno dopo verifiche di carattere scientifico-investigativo e altre di natura finanziaria (i soldi di Giusy depositati alle Poste non sono disponibili). Quel che è certo, lo documentano numerosi verbali che i carabinieri hanno redatto ascoltando molti testimoni, è che la cantastorie non avrebbe fatto mistero sull’eredità ricevuta dalla madre deceduta due anni fa. Quasi 200mila euro che Giusy diceva di avere nella sua disponibilità. Un chiacchiericcio che potrebbe aver convinto qualcuno a ritenere che il denaro fosse nascosto nel bilocale della Coppina dove Giuseppina Arena abitava da quasi 15 anni, «e quindi un facile bottino». Per mettere le mani su quel denaro, la donna sarebbe stata irretita in un tranello, presentandosi in frazione Pratoregio dove poi è stata ammazzata. Contemporaneamente, un complice dell’assassino sarebbe penetrato nella casa, cercando, ma non trovando il “tesoro della cantastorie”. Questa, dunque, sembra allo stato dei fatti, la pista privilegiata dagli investigatori, ma non sarebbe l’unica perché si attendono dai Ris di Parma, i risultati di ulteriori esami di carattere scientifico-investigativo. Nel frattempo un intero quartiere di Chivasso sembra essere sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti, perché si ritiene che lì, se non si dovesse trovare l’assassino, c’è sicuramente qualcuno che conosce la verità. Un quartiere difficile, a “double face”, che da un lato ha ricordato Giusy con fiaccolate e momenti di preghiera, ma da un altro, appare quantomeno reticente. Questo, almeno, è il senso di un paio di lettere anonime (una inviata ad un giornale locale, l’altra trovata nella casa della vittima) che sembrano voler indirizzare i sospetti in una direzione precisa. «E’ solo questione di qualche tempo», spiegano fonti vicine agli investigatori, «ricordiamoci del pestaggio dei frati di Belmonte, ci vollero mesi, ma i responsabili furono arrestati», grazie alla perseveranza e alla dedizioni dei carabinieri.
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