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Il caso
21 Novembre 2024 - 13:21
A cinque anni di distanza dall’annuncio del lockdown e dalla promessa di potenziamento delle strutture sanitarie con il "provvedimento Arcuri", la realtà dell’ospedale di Chivasso e degli altri centri sanitari dell’ASL TO4 è tutt’altro che rassicurante. Le promesse fatte nel 2020, quando la pandemia ha messo in evidenza le carenze strutturali del sistema, sono rimaste largamente disattese. Nonostante gli impegni governativi, i lavori sono ancora in alto mare, con un impatto diretto sulla qualità dell’assistenza sanitaria e sulla preparazione della regione di fronte a una possibile nuova crisi.
A Chivasso, dove erano stati previsti 10 nuovi posti letto di terapia intensiva, la situazione è tutt’altro che rassicurante. A fronte di queste promesse, solo 3 posti di terapia subintensiva sono stati parzialmente realizzati, ma con una notoria discrepanza rispetto alle necessità. Questi 3 letti esistevano già prima della pandemia, ma non erano stati mai formalmente attivati. La vera novità è quindi quasi inesistente.
L’efficacia dell'ospedale, che già da tempo soffre una cronica carenza di risorse e personale, è messa a dura prova. Se dovesse verificarsi una nuova emergenza sanitaria, la struttura non sarebbe in grado di garantire una risposta adeguata. L’unica opzione sarebbe una riconversione dei reparti, con inevitabili ripercussioni su altri settori critici, come la chirurgia, già sotto pressione.
Anche altri ospedali della zona, come quello di Ciriè e Ivrea, sono nel bel mezzo di un grave ritardo nella realizzazione dei lavori. Mentre a Ivrea la nuova rianimazione è stata inaugurata durante la campagna elettorale, i posti di subintensiva non sono mai stati attivati. In tutto questo, i disagi del pronto soccorso si riflettono particolarmente nel reparto oncologico, dove i pazienti sono costretti a fare i conti con una realtà sanitaria che non riesce a rispondere alle proprie esigenze.
Alla carenza di posti letto si aggiunge un altro dramma: la totale assenza di personale. L’ASL TO4 ha bisogno urgente di 15 anestesisti, 50 infermieri e 19 operatori sociosanitari, ma non è stato possibile, al momento, coprire neanche una minima parte di queste necessità. Nonostante le numerose proteste, le richieste di intervento al Direttore Generale dell’ASL, Scarpetta, non hanno prodotto risultati concreti. Il sistema sanitario appare sempre più inadeguato, con le responsabilità sistematicamente scaricate su altri enti e senza soluzioni reali in vista.
La FP CGIL e il NURSIND concludono il loro appello con un messaggio che inquieta: "Non ci resta che sperare che non arrivi una nuova pandemia". Questa frase, che suona come un’amara constatazione, riassume la paura diffusa tra i lavoratori del settore sanitario e i cittadini: "in un contesto già precario, le strutture sanitarie della zona non sarebbero in grado di gestire una nuova crisi".
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