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La vicenda

Crisi Alcar: la sentenza di fallimento dell'Alcar lascia 111 lavoratori di Vaie con solo il 58% del TFR dovuto

Tra promesse disattese e diritti negati

Crisi Alcar: la sentenza di fallimento dell'Alcar lascia 111 lavoratori di Vaie con solo il 58% del TFR dovuto

La vicenda degli ex lavoratori dell'Alcar di Vaie si è trasformata in una vera e propria odissea, culminata in una sentenza che ha lasciato l'amaro in bocca a molti. Dopo anni di attesa, i 111 dipendenti della Valsusa vedranno solo una parte del loro Trattamento di Fine Rapporto (TFR). Una beffa che si aggiunge alla lunga lista di difficoltà affrontate da questi lavoratori.

Il 6 dicembre 2024, i sindacati avevano convocato gli ex dipendenti per discutere le conseguenze della sentenza di fallimento emessa il 28 ottobre dal Tribunale di Lecce. La situazione è complessa: il debito complessivo da saldare ammonta a 2,3 milioni di euro, ma le risorse disponibili sul conto corrente dell'azienda fallita sono solo 1,3 milioni. Una disparità che ha portato il tribunale a decidere di liquidare solo il 58% del dovuto, lasciando i lavoratori con meno della metà di quanto spettava loro.



"Ci sentiamo presi in giro", ha dichiarato un'ex operaia, esprimendo il sentimento di frustrazione e impotenza che pervade molti dei suoi colleghi. Dopo quattro anni di attesa, la promessa di ricevere almeno il 52% del TFR entro la fine dell'anno scorso è stata disattesa. A peggiorare la situazione, la mancanza di comunicazioni ufficiali sui tempi e le modalità dei pagamenti ha alimentato ulteriormente il senso di incertezza.

La storia dell'Alcar è segnata da un accumulo di debiti che risale a due decenni fa: lo stabilimento di Vaie, in particolare, si è rivelato il più indebitato, con un passivo di oltre 10 milioni di euro accumulato tra il 2004 e il 2011. Un fardello che ha contribuito al fallimento dell'azienda, dichiarato il 3 luglio 2018, e che ha visto la nomina dell'avvocato Francesco Macario e del dottor Massimo Bellantone come curatori fallimentari.



In questo contesto, la decisione di dare precedenza ai creditori privilegiati, ossia gli ex dipendenti, appare una scelta obbligata, ma non sufficiente a garantire giustizia. La cifra disponibile, 1,3 milioni di euro, è irrisoria rispetto ai debiti complessivi, che includono anche somme dovute allo Stato, all'INPS, alle banche e ai fornitori. Una situazione che mette in luce le difficoltà di gestire una procedura fallimentare complessa e articolata.

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