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L’udienza
22 Gennaio 2025 - 06:40
Don Paolo Bianciotto avrebbe sottratto centinaia di migliaia di euro a fedeli con problemi psichici, alla sua parrocchia e all’associazione che dirigeva. Poi avrebbe dato 800mila euro a un’amica ed ex socia, con cui ha comprato case, auto e attività commerciali: «Ma non avevamo una relazione, sono solo malelingue di paese» ha negato lei davanti agli investigatori che hanno portato don Bianciotto in tribunale.
Ieri si è tenuta la prima udienza del processo che vede l’82enne, già parroco della chiesa di Madonna di Fatima a Pinerolo, imputato per circonvenzione di incapace. Secondo quanto ricostruito dalla Guardia di finanza di Pinerolo, tra il 2018 e il 2021 sarebbe riuscito a ottenere quasi 185mila euro da una signora sola e una coppia di fedeli. Tutte persone affette da deficit cognitivi o patologie psichiatriche, di cui il parroco si sarebbe approfittato: li avrebbe indotti a disporre una lunga serie di bonifici in suo favore, a delegargli “la gestione dei rapporti finanziari” e addirittura a consegnargli il bancomat e le credenziali per usarlo (da qui l’ulteriore accusa di indebito utilizzo di strumenti di pagamento).
Ma dove sarebbero finiti questi soldi? Al di là dei versamenti all’amica, gli investigatori citano i rapporti con un altro prelato, don Giuseppe Alluvione. Con cui don Bianciotto aveva investito in un albergo a Bordighera, poi venduto per 400mila euro a testa. Con la sua quota, don Bianciotto avrebbe finanziato la cooperativa Progetto Erre, che fino al 2010 ha gestito la Casa Alpina di Pragelato.
Il pubblico ministero Francesco Saverio Pelosi accusava il sacerdote anche di appropriazione indebita di circa 500mila euro dalle casse della parrocchia e dall’associazione Nuova scuola Mauriziana, di cui Bianciotto era legale rappresentante. Un reato che, dopo la riforma Cartabia, è perseguibile solo su querela di parte. E il vescovo Derio Olivero, cui toccava accusare ufficialmente il sacerdote, si è limitato a confermarne la sospensione dalle funzioni di culto (salvandolo dalle accuse economicamente più pesanti).
Non è la prima volta che don Bianciotto si salva perché “graziato” dalla curia locale: nel 2009 era accusato di aver falsificato la firma di monsignor Piergiorgio Debernardi in calce a una richiesta di fido per 150mila euro, soldi che servivano a restaurare il tetto di una chiesa a Prali. Ma l’inchiesta venne archiviata dopo la remissione della querela da parte del vescovo.
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