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Il fatto
14 Luglio 2025 - 13:05
Nel cuore della campagna piemontese, c’è un luogo dove il tempo si è davvero fermato. Non è una metafora, né una trovata cinematografica: è successo davvero, come in una scena uscita direttamente da Ritorno al Futuro. Nel 2018, un potente fulmine ha colpito il campanile della chiesa della frazione Cà del Bosco, nel comune di Bra, in provincia di Cuneo. Proprio come nel film cult degli anni ‘80, la scarica elettrica ha messo fuori uso l’orologio, le cui lancette sono rimaste bloccate per sempre su un’ora precisa: le 5:55.
Ma se nella pellicola di Robert Zemeckis la torre dell’orologio era al centro di un'avventura elettrizzante, nella realtà, ciò che è seguito è stato un lungo silenzio. Nessuna DeLorean sfrecciante, nessun viaggio nel tempo. Solo una chiesa storica abbandonata e un campanile ferito.
La Pieve della Beata Maria Vergine Assunta non è solo un edificio religioso. È una testimonianza del passato agricolo e spirituale del territorio braidese, un punto di riferimento per la comunità fin dal XVII secolo. Qui si celebravano messe, matrimoni, battesimi. Oggi, purtroppo, resta solo il ricordo.
Dopo il fulmine, i residenti si erano mobilitati con un primo intervento di emergenza: una copertura in nylon per proteggere la struttura dal maltempo. Ma da allora, nessuna vera azione di recupero è stata avviata. La chiesa è in stato di abbandono, le mura si deteriorano, il tempo continua a fare il suo lavoro — questa volta, senza l’aiuto della fantascienza.
Restaurare questo edificio non è solo una questione estetica o religiosa. Significa tutelare un patrimonio storico e culturale del territorio, restituendo dignità a un luogo che ha segnato la vita di intere generazioni. È un atto di responsabilità verso la memoria collettiva, ma anche un’opportunità per valorizzare il territorio in ottica turistica e culturale.
Per fare questo servono interventi mirati, come la messa in sicurezza del campanile, il restauro della facciata e degli interni e il recupero architettonico complessivo. Ma, soprattutto, serve il coinvolgimento delle istituzioni, della cittadinanza e, perché no, anche di chi crede in un turismo lento e rispettoso delle radici.
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