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La natura si riprende le piste da sci: come gli uccelli hanno 'conquistato' gli impianti sciistici

Bird Lab Torino rivela che durante lo scioglimento primaverile, le piste da sci diventano aree alimentari per 17 specie uccelli.

La natura si riprende le piste da sci: come gli uccelli hanno 'conquistato' gli impianti sciistici

Chi l'avrebbe mai detto che le piste da sci delle Alpi potessero nascondere un segreto ecologico? Una ricerca italiana ha appena svelato un fenomeno sorprendente: durante lo scioglimento primaverile, questi tracciati si trasformano infatti in vere e proprie oasi alimentari per numerose specie di uccelli.

LA VIRTÙ NASCOSTA DELLE PISTE DA SCI
La rivelazione arriva dal Bird Lab di Torino, che ha condotto uno studio approfondito nel comprensorio della Via Lattea, vicino a Sestriere. I risultati, pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica Bird Conservation International, raccontano una storia che ribalta molti pregiudizi sugli impianti sciistici. Il team guidato dal ricercatore Riccardo Alba ha infatti documentato la presenza di ben 17 specie diverse di uccelli che utilizzano attivamente le piste innevate come aree di alimentazione. 

Gli uccelli, hanno osservato gli scienziati, non si posano a caso sulle piste, ma mostrano una netta preferenza per i margini, dove la neve compatta incontra il terreno fangoso e umido. Questi "confini", soprattutto in primavera, creano microambienti straordinariamente ricchi di invertebrati, piccoli organismi che rappresentano una fonte proteica fondamentale per gli uccelli del nostro territorio. Il timing è cruciale: quando finisce l'inverno, infatti, gli uccelli hanno disperatamente bisogno di recuperare energie dopo il lungo inverno e prepararsi alla stagione riproduttiva. 

L'ironia della situazione è che questo beneficio ecologico nasce proprio dall'artificialità delle piste da sci. Il compattamento della neve dovuto al passaggio degli sciatori e l'uso massiccio di neve artificiale creano condizioni del tutto particolari: la neve sulle piste si scioglie più lentamente rispetto agli ambienti circostanti. Questo ritardo nello scioglimento ricrea artificialmente quello che in natura avviene con le "chiazze di neve residua" - aree che rimangono innevate più a lungo e offrono opportunità alimentari uniche quando il resto dell'ambiente è ancora troppo freddo e inospitale.

LO SCI NON È (ANCORA) GREEN
Prima di trasformare gli sciatori in paladini dell'ambiente, lo studio lancia però un monito importante: non bisogna confondere un effetto collaterale positivo con un bilancio ecologico favorevole. L'impatto complessivo dell'industria sciistica sull'ambiente alpino rimane infatti pesantemente negativo. La costruzione delle piste comporta infatti la rimozione sistematica della vegetazione naturale, la compattazione irreversibile del suolo e l'alterazione dei delicati equilibri montani. A questo si aggiunge l'uso sempre più intensivo della neve artificiale, una pratica che solleva interrogativi ancora irrisolti sui consumi idrici e gli impatti sulla biodiversità locale.

Il messaggio finale lanciato dallo studio è che bisognerebbe sviluppare una visione più sfumata e scientificamente informata della gestione montana. Solo così si potranno conciliare le esigenze economiche del turismo con la tutela di una biodiversità alpina sempre più minacciata. La montagna del futuro dovrà essere necessariamente più intelligente, più attenta e più rispettosa degli equilibri naturali. E forse, proprio in questa sfida, sta la vera pista da seguire.

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