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Cibo & curiosità
24 Novembre 2025 - 17:00
In Italia basta pronunciare la parola panettone per evocare immediatamente Milano, le sue storie, le sue leggende rinascimentali e il celebre “pan de Toni”. Ma tra le pieghe del Piemonte esiste una variante che, da oltre un secolo, rivendica spazio e identità: il panettone basso glassato, quello che qui considerano galup — goloso, prelibato, irresistibile.
La storia piemontese del panettone ha un indirizzo preciso e una data scolpita: Pinerolo, 1922. È qui che il fornaio Pietro Ferrua dà vita a un lievitato che rompe gli schemi milanesi. Più basso e largo, più soffice e leggero, arricchito da uvetta e canditi. Ma soprattutto coronato da una glassa che diventerà la sua firma: quella alle nocciole “tonde e gentili” delle Langhe, la stessa terra di origine della famiglia Ferrua.
Un’idea semplice, ma rivoluzionaria. Un gesto artigiano destinato a diventare tradizione.
Ferrua sceglie di chiamarlo Galup, che in dialetto piemontese significa proprio “goloso”. Un’operazione di marketing ante litteram, forse involontaria, ma potentissima: nessun nome avrebbe raccontato meglio l’intenzione del dolce. E infatti il successo non tarda.
Nel 1937 arriva persino il riconoscimento ufficiale: la patente di fornitore della Real Casa, che proietta il panettone basso oltre i confini del Pinerolese e lo trasforma in un prodotto simbolo del Natale subalpino.
Negli anni, il panettone piemontese si afferma come una variante autentica e riconoscibile. La forma bassa, la glassa croccante alle nocciole, la consistenza più morbida: tratti distintivi che lo rendono diverso, ma non alternativo — semplicemente un’altra storia d’amore natalizia.
Oggi questa versione continua a essere un orgoglio regionale e un’alternativa amatissima al panettone milanese. Un pezzo di identità che ogni anno torna sulle tavole, portando con sé quasi un secolo di storia, profumo di nocciole e una parola semplice che racchiude tutto: galup.
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