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I grandi gialli del Piemonte

Lucciola
Torino, 11 agosto 1964. In un appartamento di Lungodora Napoli, la signora Luigia Mathis scopre in un ripostiglio il corpo senza vita e ormai semi-ischeletrito di sua figlia Vittorina Gabri, scomparsa il 30 giugno precedente. 40 giorni prima. La stagione calda aveva reso quell’appartamento inavvicinabile, per il lezzo del cadavere, ormai irriconoscibile. Dettaglio inquietante: l’assassino le aveva tagliato i capelli. Perché? Cosa era successo?

Vittorina era una donnina dal carattere dolce, con una figlia di otto anni. Ma svolgeva un lavoro tutt’altro che nobile: il suo “ufficio” erano i portici di via Nizza, dove attendeva i clienti e specialmente tre affezionati che si contendevano il suo corpo e, forse, il suo cuore. Dolce, Vittorina, ma divisa tra tre uomini gelosi l’uno dell’altro. E alla fine Giovanni Faga, uno dei tre ed ex legionario, fu pinzato dalla polizia e accusato dall’assassinio della povera Vittorina. Voleva redimerla, si disse. E lei voleva rifarsi una vita con l’uomo che l’avrebbe poi uccisa. Confessò, Faga. Ma non chiarì alcuni particolari: ad esempio, perché le aveva tagliato i capelli?

Di certo, in questa vicenda ci fu un cadavere oltraggiato e mummificato in uno squallido ripostiglio. Dai portici di via Nizza all’orrore dell’a ppartamento di lungodora Napoli, il giallo di Vittorina Gabri si concluse nel silenzio del camposanto di Asti, città natale della sfortunata lucciola, sulla cui piccola bara le sue colleghe deposero un mazzo di rose. Furono le uniche, pare, a piangere la scomparsa della dolce Vittorina, insieme ai lettori dei giornali che ricamarono sulla vicenda una storia strappalacrime, forse un po’ enfatizzata. O forse no.
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